Legge sugli stadi: tra deroghe e concessioni quale futuro per il calcio italiano? - Diritto di critica
Alcuni giorni e sapremo. Se la legge per la costruzione e la valorizzazione degli impianti sportivi in Italia diverrà una normativa a tutti gli effetti o sarà il precipitato di un’incapace volontà di decidere da parte delle forze politiche e degli organi sportivi.
Tuttora il provvedimento è fermo nella Settima Commissione Cultura della Camera a causa della differenza di vedute tra le forze politiche. Il provvedimento bipartisan, proposto dai parlamentari Butti (Pdl) e Lolli (Pd), è stato bocciato in considerazione dei ‘vincoli archeologici, idrogeologici e ambientali’ sulle aree scelte per la costruzione degli stadi di proprietà delle società di calcio.
L’eventuale cancellazione della deroga per la realizzazione degli impianti sportivi su zone protette ha trovato la ferma opposizione del Partito democratico e della Lega Nord. L’eventuale dispensa avrebbe consentito l’accelerazione dei tempi di costruzione degli stadi, non rispettando vincoli ambientali e paesaggistici.
Tuttora occorrono 8 anni per arrivare alla posa della prima pietra. Calcolando altri due anni per la realizzazione dell’impianto, ad oggi occorrerebbero non meno di 10 anni per veder nascere il proprio stadio di proprietà. A meno che ci possano essere delle deroghe in occasioni di particolari eventi. Come è successo nel caso del ‘Delle Alpi’ di Torino, trasformato nello stadio Olimpico in occasione dei Giochi invernali del 2006. Le stesse deroghe si potrebbero avere a Firenze e Bologna. La Juventus è riuscita a ricostruire lo stadio Delle Alpi anche perché la zona non necessitava di nuove opere urbanistiche.
Per la costruzione di nuovi impianti sportivi, a parte il ricorso al credito agevolato, strumenti essenziali sono le cosiddette ‘compensazioni’, ovvero quegli investimenti edilizi che consentono di ammortizzare in tempi più brevi l’esborso iniziale (abitazioni, centri commerciali, cinema). Nella prima formulazione della legge si parlava di quattro metri quadrati a posto. Uno stadio da 50mila spettatori offriva la possibilità di realizzare interventi edilizi su 200mila metri quadrati. Nella nuova formulazione, il meccanismo è stato eliminato e le dimensioni delle compensazioni devono essere negoziate tra il club e l’ente locale, cioè il Comune.
Lo stadio di proprietà della Juventus (capienza 41mila posti) è tuttora in costruzione. La demolizione del vecchio stadio Delle Alpi è iniziata nel novembre del 2008, mentre nei due mesi successivi è stata effettuata la gara d’appalto per la costruzione del nuovo impianto sportivo. I lavori veri e propri sono iniziati nel giugno del 2009 e si concluderanno, sempre da programma, entro il prossimo giugno. Dopo soli due anni, nel luglio del 2011, ci sarà l’inaugurazione. “Un grande intervento urbanistico – si legge nel sito della società bianconera – destinato ad integrarsi nella città, con spazi fruibili da tutti, zone verdi, piazze ed aree commerciali. Un impianto attivo 7 giorni su 7, giorno e notte”.
Altro intoppo, che ha portato allo stop in Commissione Cultura, è rappresentato dal progetto di modifica del decreto legislativo numero 9 del 9 gennaio 2008, meglio noto come ‘decreto Melandri’. Nel provvedimento si destinerebbe alla Lega Pro solo l’1% delle risorse derivanti dalla suddivisione dei proventi dei diritti televisivi, con conseguente collasso del sistema, già privo di risorse ed investimenti economici.
“In questo modo diminuirà la competitività del nostro calcio – tuona il presidente della Figc Giancarlo Abete –. C’è una situazione che impedisce la soluzione dei problemi”. Una presa di posizione dura a cui fa eco quella del presidente del Cagliari Massimo Cellino: “Senza stadi nuovi siamo morti”. Il patron rossoblu ha in programma di costruire la ‘Karalis Arena’ nei prossimi due anni a Elmas, zona che ospita già l’aeroporto di Cagliari.
Ma quanto incidono gli stadi di proprietà nel fatturato delle società negli altri paesi?
In Germania, Spagna, Inghilterra e Francia i ricavi da stadio oscillano tra il 14% e il 64%. In Italia sono aumentati solamente del 7,5%. Esempio d’eccellenza è stato l’aumento del fatturato dell’Arsenal, dai 192,4 milioni di euro prima della costruzione dell’Emirates Stadium, ai 263 milioni che collocano il club di Londra stabilmente tra i top 5 nel continente europeo.
In Gran Bretagna lo stato stanziò per la costruzione degli stadi somme di denaro ingenti negli anni scorsi. Mise i soldi ricavati anche dalle scommesse sportive in un fondo che finanziava i nuovi impianti sportivi. In Germania sono riusciti a sfruttare gli ultimi mondiali del 2006, aiutandosi anche con i fondi statali e quelli degli enti regionali. In Italia si perse l’occasione con i mondiali del 1990, quando si costruirono impianti giganteschi e poco funzionali, delle ‘cattedrali nel deserto’ come furono ribattezzate. Si pensi allo stadio San Paolo di Napoli o al San Nicola di Bari.
Tuttora nel panorama italiano stenta a diradarsi la fitta nebbia sugli stadi. Oltre all’eccezione della Juventus, non si notano progetti interessanti e facilmente attuabili. Roma e Lazio nei mesi scorsi hanno prospettato ipotesi affascinanti, ma alla programmazione non è seguita l’attuazione.
In casa giallorossa l’arrivo di una cordata di investitori statunitensi potrebbe favorire la realizzazione di uno stadio nuovo, per incrementare il fatturato della società. Ma con la normativa attuale ci vorrebbero minimo 8 anni per la costruzione dell’impianto sportivo. Anche la società biancoceleste è ferma al progetto dello ‘Stadio delle Aquile’, mai presentato ufficialmente.
Intanto gli abbonati allo stadio, anche se fanno registrare una lieve flessione rispetto alle attese, sono diminuiti del 12%. Circa 39mila tessere in meno rispetto alla stagione 2009-2010. Gli spettatori di media a partita si attestano intorno alle 26mila presenze.
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L’autore dell’interessante articolo mi può spiegare gentilmente il signifcato della seguente frase “In Germania, Spagna, Inghilterra e Francia i ricavi da stadio oscillano tra il 14% e il 64%. In Italia sono aumentati solamente del 7,5%”. Vorrei inoltre far presente che lo stadio San Paolo di Napoli è stato costruito nel lontano 1959 e non nel 1990. Io personalmente sono contrario all’uso e consumo del suolo pubblico per la costruzione di nuovi stadi (a prescindere da questioni economiche e finanziare) se davvero le società di calcio ci tengono proprio ad essere proprietarie degli stadi che facciano delle offerte ai comuni per l’acquisto degli impianti già esistenti,, che successivamente potrebbero essere ristrutturati ed adeguati sencondo le loro necessità.
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