Un Paese, due Presidenti: la Costa d’Avorio sull’orlo della guerra civile - Diritto di critica
La Costa d’Avorio da dicembre è uno Stato governato da due presidenti. È questo ciò che accade quando si elegge un nuovo capo di Stato ma quello precedente non se ne vuole andare. È il caso di Laurent Gbagbo, alla guida del Paese dall’ottobre del 2000 e attualmente ancora in carica in modo abusivo. Fino ad ora a nulla sono servite le richieste della Comunità internazionale e di buona parte della popolazione di farsi da parte. Gbagbo non si arrende. Di fronte al 54,1% dei voti ottenuti dal suo oppositore, Alassane Ouattara, ha deciso di intervenire facendo pressioni sulla Corte Costituzionale per l’annullamento di numerose schede che gli hanno permesso di ottenere la vittoria che tanto desiderava. Ouattara, il presidente legittimo, risponde con il blocco delle esportazioni di cacao e di caffè che potrebbero però danneggiare ulteriormente la fragile economia del Paese.
Sull’orlo della guerra civile. Questa incredibile confusione politica ed istituzionale ha dato origine a numerosi scontri tra i sostenitori dei due presidenti. È così iniziata una spirale di violenze che ha causato la morte di 200 persone. L’ipotesi dell’esplosione di una sanguinosa guerra civile è sempre più reale. Se infatti Gbagbo non si decidesse a lasciare il suo posto il prima possibile, gli esasperati sostenitori di Ouattara potrebbero lasciarsi andare ad una violenza incontrollata. Mentre i capricci di Gbagbo continuano, circa 20mila persone stanno abbandonando il Paese alla ricerca di un rifugio in Liberia. Un esodo che fa temere lo scoppio di una grave emergenza umanitaria che vedrebbe coinvolti anziani, bambini e donne che fuggono in posti dove scarseggiano acqua, cibo e medicinali. Il Consiglio delle Nazioni Unite ha espresso, inoltre, il timore che possano avvenire anche possibili casi di genocidio.
Due presidenti, due governi, due monete. La determinazione di Gbagbo a rimanere al potere sta portando al fallimento di qualsiasi iniziativa o tentativo di mediazione diplomatica. Il testardo ex-presidente si appella al principio della non ingerenza negli affari interni per chiedere il ritiro dei contingenti di pace dell’ONU ed iniziare ad espellere i diplomatici stranieri. La Costa d’Avorio sembra essere totalmente fuori dal controllo dell’ONU e della Comunità internazionale che assiste impotente alle due cerimonie di giuramento per il mandato presidenziale e alla contemporanea formazione dei due rispettivi governi. La Costa d’Avorio ha quindi due presidenti, due primi ministri, due governi e presto probabilmente anche due monete.
Il potere dei soldi. Si tratta dell’ennesima, tanto affascinante quanto originale, idea del presidente Gbagbo così affezionato alla sua sedia da decidere di raggirare ogni forma di pressione internazionale per continuare a governare. E se questo significa coniare una nuova moneta, lui lo fa. La Banca Centrale dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale ha infatti deciso di congelare i conti della Costa d’Avorio per impedire l’accesso ai fondi pubblici ivoriani a Gbagbo. Ecco allora che il presidente abusivo escogita un nuovo piano che prevede l’abbandono della moneta nazionale, il Franco Cfa, per sostituirlo con una nuova valuta, la Mir, la Moneta Ivoriana della Resistenza. Una simpatica idea, che però dovrà presto confrontarsi con i suoi evidenti limiti derivanti dalla circostanza che la moneta non ha alcun valore giuridico, economico, finanziario ed istituzionale. Sono nel frattempo attesi gli effetti che avrà la disperata decisione di Ouattara di bloccare, per un mese, le esportazioni di cacao e caffè. La Costa d’Avorio è il primo produttore mondiale di cacao e pesa per il 40% sulle esportazioni globali di questo prodotto. Chi non rispetterà questa decisione sarà considerato finanziatore di Gbagbo. Tuttavia, quest’ultimo, grazie alle sue amicizie e soprattutto grazie alle sue pressioni, riesce per il momento a rimanere al potere godendo del sostegno di banche e società che gli forniscono tutte le risorse finanziarie di cui necessita per mantenere le forze armate, i suoi sostenitori, le sue milizie ed i funzionari della pubblica amministrazione. Fin quando ci saranno questi finanziamenti il presidente uscente, riuscirà a mantenere il controllo della Costa d’Avorio rendendo vane le sanzioni dell’ONU e qualsiasi altra forma di pressione internazionale.
Anche il blocco delle esportazioni di cacao e caffè potrebbe avere come conseguenza unicamente quella di danneggiare il Paese stesso e l’economia mondiale. Questa drastica decisione infatti giunge in un momento di generale crisi dei prezzi delle materie prime nel mondo, iniziata proprio con le restrizioni sull’esportazione dei beni alimentari e che ha causato un’impennata globale dei prezzi del cibo. L’aumento del costo del paniere rischia di fomentare rivolte come quelle che stanno sconvolgendo la Tunisia e di far innalzare significativamente il tasso di inflazione. È necessario quindi, trovare il prima possibile una soluzione alternativa rispetto a quella deliberata da Ouattara.
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ANCORA UN’INFORMAZIONEDI PARTE DELLA STAMPA ITALIANA ed EUROPEA.
In Costa d’Avorio e’ iniziata una guerra nel 2002, guidata da Ouattara e Soro, che nessun paese europeo ha mai condannato e adesso questi stessi “democratici” stanno chiedendo un’altra guerra per uccidere ancora il popolo ivoriano.
In Costa d’Avorio, l’articolo 63 della Costituzione stabilisce che spetta al Consiglio Costituzionale la proclamazione del vincitore delle elezioni, non all’ONU e nemmeno all’UE.
Si dice che il Consiglio Costituzionale sia un feudo del presidente Gbagbo, ma ci si dimentica della Commissione Elettorale Indipendente, dove la maggioranza appartiene ai sotenitori di Ouattara.
Chi vuole il potere con la forza non e’ Gbagbo.
Per 500 anni l’Europa ha pensato di dare delle lezioni a tutta l’Africa.
Con la crisi Ivoriana è Gbagbo che sta dando lezione di scienze politiche all’Occidente.
Dietro il mantenimento o meno di Gbagbo al potere si gioca il controllo del Golfo di Guinea.
E per francesi ed americani Alassane Ouattara, amico personale di Sarkozy, ex direttore del FMI e dirigente liberale, rappresenta un interlocutore molto più credibile di Gbagbo, il nazionalista.-
Sinceramente non riesco proprio a capire quali siano le basi a sostegno della sua tesi. Prima di tutto su qualsiasi sito che lei ritiene attendibile potrà trovare i risultati delle elezioni di dicembre attraverso le quali il popolo ivoriano ha espresso la sua preferenza per Ouattara. Secondo, l’articolo 63 Cost. della Costa d’Avorio non dice assolutamente ciò che lei afferma. Lei comunque mi cita gli articoli della Costituzione ma non sa il motivo per cui è scoppiata la guerra civile in Costa d’Avorio nel 2002 e non ricorda che la causa è stata proprio Gbagbo che riuscì in quell’occasione ad impadronirsi del potere. Se si rivede un attimo la carriera politica di questo originale Presidente, si renderà conto di tante cose. Controlli ad esempio il suo mandato presidenziale dal 2005 ad oggi. Controlli anche il ruolo di sua moglie, Simone Ehivet Gbagbo, non esattamente nota per essere una first lady dolce e gentile, ma una donna che non si è fatta troppi problemi ad eliminare gli avversari politici del marito. Le uniche lezioni di scienza politica che Gbagbo può dare sono su come tenere stretto il potere soprattutto attraverso l’uso della forza. Le vorrei ricordare tutte le manifestazioni e rivolte popolari per la destituzione di Gbagbo sempre finite nel sangue e che lo stesso Gbagbo ha ammesso. Insomma non un campione nel rispetto dei diritti umani. Per concludere le dico solo che se io fossi in lui e se davvero amassi il mio Paese e non solo il potere, mi farei da parte piuttosto che far riesplodere nel mio Stato (che ha per troppo tempo sofferto) una guerra civile!
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Diciamo che, per motivi diversi, i due contendenti sono entrambi pessimi, e non faranno certo gli interessi dei poveri se saranno presidenti. Ouattara lavora per le potenze internazionali. Gbagbo per le sue tasche.
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