Quando per Berlusconi le escort «obbedivano» alla mafia - Diritto di critica
“Le escort obbediscono alla mafia”. Era il 5 novembre 2010 quando dal cilindro del Governo veniva tirata fuori questa improbabile teoria, subito ripresa dal giornale della famiglia Berlusconi: «Tutte – scriveva Alessandro Sallusti – sono ragazze con problemi economici e personali non più rinviabili, quindi facilmente, doppio senso a parte, abbordabili da qualcuno in grado di promettere soluzioni rapide. Chi potrebbe essere l’oscura manina che sta dirigendo le operazioni? La mafia, dice Berlusconi, per vendicarsi dei colpi subiti da questo governo. È una ipotesi». E l’ipotesi fece sorridere molti ma – nonostante l’evidente assurdità, degna di un film alla James Bond – molti tornarono sulle dichiarazioni del premier. «Visti i colpi che stiamo infierendo alla criminalità organizzata – aveva dichiarato Silvio Berlusconi – nessuno oggi può con certezza escludere che alcune cose che accadono siano frutto della vendetta della malavita». La criminalità organizzata, insomma, avrebbe voluto in qualche modo punire il presidente del Consiglio inviandogli carrellate di donne, vagoni di escort pronte ad esaudire ogni suo desiderio. E la teoria venne ripresa anche dal leader del Carroccio: «Penso che tutto sia stato messo in piedi dalla mafia – ribadì Umberto Bossi a margine del rito della raccolta dell’acqua dalle sorgenti del Po – Abbiamo fatto leggi pesantissime contro la mafia e quindi l’ho detto anche a Berlusconi guarda che qui c’entra la mafia. Chi ha in mano le prostitute è la mafia, sono convinto che è la mafia che ha organizzato tutta questa cosa qui». Per ritorsione contro il governo?, chiesero i cronisti. «Esatto». Parola di Senatur.
Curioso notare però come nelle 389 pagine di motivazioni (in realtà ne sarebbe bastata appena una di sintesi!), i magistrati pur così attenti alla questione, non abbiano nominato una sola volta la mafia. Il riferimento alla criminalità organizzata non compare mai, nemmeno per sbaglio in una qualche intercettazione finita chissà come nel faldone. I personaggi, invece, sono sempre gli stessi da giorni: Emilio Fede, Lele Mora, Nicole Minetti e tutta la variegata corte dei miracoli che di mafioso non ha davvero alcunché.
E se si dimostrerà vera la notizia secondo cui per entrare nella residenza del premier era sufficiente pronunciare il nome della Minetti (o di chi per lei) al citofono, ci si chiede come si fosse attrezzato il servizio di sicurezza del premier (di cui parleremo in un articolo a parte) per rispondere a questo elevatissimo quanto subdolo rischio mafia. Di contro, nessun magistrato ha indagato questa ipotesi di reato, pure ritenuta plausibile dal presidente del Consiglio italiano. A smentire l’ipotesi mafiosa, infine, gli stessi “fedelissimi” del premier che definiscono quelle nelle residenze di Berlusconi delle semplici cene molto eleganti. La mafia – purtroppo per noi – ha ben altro a cui pensare.
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