Nell'Italia di Ruby. E le altre? - Diritto di critica
C’è l’Italia di Ruby. Quella che da giorni riempie le pagine dei giornali. È l’Italia dei “giovani compromessi”, delle escort, dei festini, delle buste e delle cifre da capogiro. E poi c’è l’Italia delle altre. Quella che vive all’ombra della ribalta mediatica. Un’Italia diversa, che esiste da sempre, ma di cui ci si dimentica troppo spesso. È il paese delle studentesse laureate, plurilaureate, “masterizzate”, relegate tra gli scaffali di un negozio o dietro al telefono di un call center. Il paese delle mamme operaie, che scelgono un “sì” più per il loro essere mamme che non per il loro essere donne. In mobilità, in cassa integrazione, senza lavoro, talvolta sole, ancora sulle spalle dei genitori-nonni. Il paese di chi deve fare la valigia e lasciare tutto per avere qualcosa di buono da raccontare, anche se si è sole, anche se si è donne. Dove si corre, si sgomita, si arranca per arrivare in alto, ma mai troppo. I volti di questa Italia non li conosciamo. Li abbiamo visti di sfuggita nei fotogrammi di qualche reportage o di qualche film: quanto basta per renderli lontani, surreali, cinematografici. I volti delle donne del premier, quelli li sappiamo a memoria.
Oggi, di fronte agli scandali che scuotono il Paese, l’indignazione di questa Italia nascosta c’è e deve esserci. Un’indignazione forte verso quelle rappresentanti che siedono nei palazzi, ma si dimostrano incapaci di far sentire la loro voce: da una parte le donne della maggioranza, pronte a condannare la persecuzione del premier. Tra loro il ministro delle Pari Opportunità che colleziona interviste e ospitate televisive (l’ultima ieri sera a Matrix) per commentare la vicenda. Il suo reale punto di vista in quanto portavoce del gentil sesso italiano? Non è chiaro.
Dall’altra parte le esponenti del Partito Democratico che propongono una raccolta firme “per chiedere il rispetto della dignità delle donne, calpestata dalle ultime vicende che interessano il presidente del Consiglio”. Ma chiederlo a chi? Al premier, alle “sue ragazze”, o ai giornali che non parlano d’altro? Non è chiaro. E soprattutto quale dignità? Quella lesa dal detto o dal non detto? Neanche questo sembra essere chiaro.
E mentre arriva la notizia che là, nel lontano Giappone, la Geisha è una specie ormai in via d’estinzione, rimpiazzata dalla donna single che guadagna più dei suoi coetanei uomini, il Belpaese registra un’occupazione femminile che oscilla tra il 46 e il 47%. Il reddito? È una fortuna quando c’è. Ma questo con le donne di Berlusconi non c’entra.
E se ancora, si guarda ai risultati della ricerca commissionata dal settimanale Elle e presentata lo scorso 17 gennaio alla Bocconi di Milano, il ritratto di questo paese in rosa si scolora dietro alla consapevolezza di una scelta talvolta obbligata tra l’essere donna e l’essere madre. Quindici le proposte emerse dalla ricerca e trascritte in un Libro Bianco dei sogni al femminile. Richieste concrete, esigenze che non possono più aspettare: dalle adozioni più facili alla revisione della Legge 40 per la procreazione assistita; dal potenziamento degli asili nido, alle scuole a tempo pieno fino alla possibilità di un lavoro flessibile. Nessuna prima pagina su queste richieste. Nessuna voce forte e autorevole in grado di ricordare all’Italia chi sono davvero le sue donne e soprattutto di che cosa hanno bisogno.
Del resto questo è ormai per tutti il paese di Ruby. Le altre non c’entrano. Delle altre parleremo domani.