Alpino ucciso per errore, la verità che La Russa non può ammettere - Diritto di critica
La Russa giura che il caporalmaggiore Luca Sanna non è morto per fuoco amico: è stato vittima di un vile attentato talebano. Un afghano in divisa dell’Afghan National Army gli ha sparato mentre puliva il fucile, ma chiaramente – per il ministro – si tratta di un “infiltrato” nemico nell’esercito afghano. La ricostruzione dei fatti parla di un incidente per negligenza, ma La Russa preferisce la tesi dell’infiltrato-traditore. Forse perché ammettere il fallimento del programma di addestramento dei “buoni afghani” è troppo scomodo?
I fatti salienti li conosce anche il ministro, che ieri ha presentato alla Camera il resoconto della dinamica dell’attacco di martedì a Bala Murghab. Alle 15.30 circa locali, Sanna e due commilitoni si trovavano all’aperto protetti sul lato Ovest dell’avamposto, vicino al dormitorio. Erano al coperto e stavano pulendo alcuni fucili automatici con il compressore di un Lince. Altri militari, tra cui anche il maresciallo Davide Severini, comandante della base, facevano altre riparazioni a bordo del mezzo. A cinquanta metri dal blindato Lince c’è la postazione dell’Afghan National Army (ANA), 8 uomini appena usciti da un addestramento di tre mesi: ne esce un uomo in divisa, con in braccio un fucile M-16. E’ incuriosito dal compressore e chiede agli alpini, esprimendosi a gesti, che gli piacerebbe provarlo sulla propria arma. E il caricatore, burba?, pensano Sanna e Barisonzi: e tentano di spiegargli che prima di pulire l’arma bisogna rimuovere le cartucce – per ovvi motivi di sicurezza. Il fucile del soldato afghano, mentre i tre cercano invano di comunicare, lascia partire una raffica, che uccide Sanna e ferisce il commilitone. Gullab Ali Noor – così è stato identificato l’uomo, nato nel villaggio di Sufi Zaman nel Kunduz – “approfitta della confusione e della perfetta conoscenza dell’avamposto” e scappa, non inseguito, lasciandosi dietro gli alpini (che non sparano), gli afghani e una marea di dubbi.
La ricostruzione è abbastanza chiara e riconosciuta dallo stesso ministero della Difesa. Cosa potrebbe far pensare ad un attentatore, un infiltrato? L’ipotesi di La Russa – nessun testimone o “pizzino” prova l’intenzionalità del fatto – è quantomeno azzardata. Un incidente sembra più probabile: l’afghano non sapeva maneggiare il fucile e ha sparato per errore sugli italiani. Lo dimostra anche il fatto che gli altri alpini non hanno aperto il fuoco in risposta, come sarebbe stato logico aspettarsi se fossero stati sotto attacco: ma il maresciallo e gli altri uomini si sono disinteressati di Gullab per soccorrere i due feriti. E Gullab ha potuto eclissarsi.
Ultima nota di logica. Chi addestrerebbe un infiltrato per tre mesi, col rischio di venire scoperti e giustiziati, per uccidere un caporalmaggiore? E’ già successo che i talebani infiltrassero alcuni uomini in campo nemico, ma hanno colpito con un kamikaze la sede della Cia in Afghanistan: un attentato di tutt’altra rilevanza. Sarebbe stato molto più logico, per l’attentatore, sparare sul comandante dell’avamposto, o farsi trasferire nelle basi più grandi per colpire gradi gerarchici “veri”. L’idea dell’infiltrato ha davvero poco senso.
Perché non si può ammettere l’incidente per negligenza? Perchè dimostra che l’addestramento di truppe autoctone, uno dei pilastri della exit strategy dall’Afghanistan, è un fallimento. I milioni di dollari usati per reclutare, vestire, armare e addestrare questi uomini sono utilizzati male, se chi esce dall’addestramento si spara sui piedi mentre pulisce l’arma (anzi, purtroppo spara nei piedi altrui). O più semplicemente, è utopia sperare che dei contadini analfabeti e denutriti, in fuga dalla miseria, possano diventare soldati professionisti in tre mesi di corso. La Nato punta soprattutto al numero delle nuove reclute, come dimostrano le statistiche sventolate dai vari governi coinvolti, ma la qualità è quella che è – per forza, dal momento che chi si arruola non è “nato con il fucile in braccio” come ci fa comodo credere. I “guerriglieri nati” sono solo un pugno di afghani, 10-20mila talebani e forse qualcuno dei 300mila poliziotti: gli altri conoscono la zappa e la falce, e la fame di un paese allo stremo. Ma ammettere tutto questo ci costringerebbe – noi italiani, europei, americani, comandanti Nato – a riconoscere il sostanziale fallimento degli ultimi 10 anni di guerra in Afghanistan, e la nostra incapacità di salvare questo paese dal caos.
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E’ onesto. E’ nella logica delle cose. Non si può dire la verità perchè la missione di GUERRA và rifinanziata. Lunedì il Parlamento approva. Bravo il giornalista che dimostra indipendenza e onestà!
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Pover nostri ragazzi ITALIANI morire per la pace e non essere riconosciuti EROI nel tempo che verrà.
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Il giornalista che ha scritto questo articolo risulta essere una persona male informata e oltretutto, con le sue noti di “logica”, cerca di giustificare o comprendere un “errore” commesso da un un militare afgano invece di raccontare una vera e propria azione omicida volontaria. Caro giornalista professionista Sirio Valent complimenti per le tue deduzioni e mi chiedo perchè non vai a fare l’investigatore privato visto che conosci i fatti meglio di chi era presente?!
Alle volte la verità è molto più semplice di quello che si pensa e, non per dar ragione al ministro, ma è stata raccontata la verità, semplice e pura verità niente di più.
Una nota tecnica; caro giornalista professionista esperto di armi e tecniche militari sai che la prima cosa che si insegna ad un militare, indifferentemente la nazionalità, è proprio di non brandeggiare l’arma con il vivo di volata del fucile verso le persone mai tenere il dito all’interno del ponticello quindi lontano dal grilleto? PS io li vedo ogni giorno e tutti loro rispettano queste regole come noi quindi sanno fare il loro lavoro a differenze di qualcun’altro .Andrea
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CARO GIORNALISTA, SE VOLESSE NON AVERE L`ARDIRE DI GIUDICARE IL LAVORO ALTRUI GLIENE SAREI PERSONALMENTE GRATO. SOSTENGO PIENAMENTE QUELLO CHE DETTO ANDREA. E UNA COSA.. DA BAMBINO MI E` STATO INSEGNATO CHE CHI SA, O CHE HA VISTO PUO` PARLARE, GLI ALTRI FAREBBERO MEGLIO A TENERE LA BOCCA CHIUSA. QUINDI, RITENENDO CHE LEI NELLA VALLE DEL MORGHAB NON CI ABBIA PASSATO TANTO TEMPO COME I NOSTRI RAGAZZI, PER FAVORE, FACCIA COME I SUOI COLLEGHI E CONTINUI A SCRIVERE DELLE SIMPATICISSIME VICENDE SESSUALI TRAGICOMICHE DI TALUNI PERSONAGGI DI SPICCO E LASCI I SOLDATI A FARE IL LORO LAVORO. DI VOI NON ABBIAMO BISOGNO. LASCIAMO RIPOSARE LUCA E TUTTI QUELLI CHE LO HANNO PRECEDUTO IN PACE.. SENZA ILLAZIONI DI VARIO GENERE E DUBBIA PROVENIENZA.
MANDI-
Cari Andrea e Alberto (mi permetto di accomunarvi nella risposta data la similitudine delle vostre opinioni),
noto con piacere che nessuno di voi ha smentito la tesi di fondo dell’articolo. Soprattutto, vedo che siete d’accordo nel ritenere assurdo il comportamento del soldato afghano, se fosse stato addestrato seriamente dagli istruttori Nato.
Ora, vi chiedo, quale scandalo vedete nell’attribuire ad una negligenza la raffica che ha ferito Sanna (mi unisco al cordoglio e sono il primo a volerlo lasciare in pace, ma mi sembra ingiusto attribuirgli una fine falsa dopo una vita di rettitudine).Vi chiedo di spiegare i seguenti punti, se preferite credere alla tesi dell’infiltrato-terrorista:
-perchè Gullab non ha aspettato che i due militari italiani fossero soli per colpire, visto che nel cortile della base erano presenti il maresciallo Severini e altri tre uomini, oltre a quelli di guardia sugli spalti?
-perchè non tentare di uccidere anche loro, se l’obiettivo dell’afghano era mettere ko il contingente italiano?
-perchè i nostri uomini non hanno sparato a Gullab, dopo la famosa raffica?
-perchè è riuscito a sfuggire a 15 uomini (gli italiani illesi e gli afghani “leali”) e un blindato lince, considerando che è uscito dalla base a piedi?Mi fa inoltre piacere sapere che di noi giornalisti non avete bisogno. Soprattutto perchè altri, invece, ritengono che del giornalismo serio, non di gossip e di lenzuola chiacchierate, ci sia profondo bisogno, anzi urgenza. Io credo che le domande non debbano essere considerate scomode o inutili: una domanda può solo aiutare a capire la verità. Rispondetemi, datemi la vostra opinione (argomentata, ve ne prego, almeno per rispetto degli altri lettori), ed io sarò felice di leggerla e di valutarla. Non ho la verità infusa in me: nemmeno voi, credo.
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Fatti 48 ore in un Cop, prima di parlare e dire cose che non hai visto o sentito. Ho cercato il tuo nome sulla lista dei presenti a Bala Murghab… porco cane… mi dispiace ma non ti ho trovato! Ma se vuoi ti metti in lista all’ingresso, o ti prenoto un tavolino vicino alle cubiste! Chiacchere…
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La professionalità che mi contraddistingue mi nega (purtroppo) la possibilità di poter esprimere il mio parere tecnico e rispondere in modo specifico a quello che le pone come dubbi esistenziali ma mi creda se le dico che lei è molto ma molto lontano da una giusta interpretazione.
Quello che invece proprio riesco a comprendere è la sua necessità di strumentalizzare i fatti ai fini delle sue teorie.
Dal momento che lei non è qui, dal momento che lei non ha mai visto una realtà come questa, la prego cortesemente di rivedere le sue così accurate deduzioni.
Accetto la sua necessità di portare avanti le sue idee, solo le chiedo la cortesia del rispetto, solo le chiedo di smetterla di continuare con le sue parole che tanto feriscono chi ha vissuto sulla propria pelle questi tristi avvenimenti.
La nostra scelta di vita, come militari, è fatta di valori semplici, che forse troppo spesso appaino irreali nel nostro mondo.
Le famiglie, gli amici, lo stesso ragazzo ferito hanno il diritto di vedere un paese unito nel loro cordoglio, nel silenzio della vostra obbligatoria educazione.
Una cosa però devo ammettere che ha saputo ben dire con le sue parole, e per la quale a lei va comunque il mio rispetto: lei non ha la verità infusa, quindi se proprio ha questo bisogno di vedere e di capire, almeno lo faccia senza raccontare (visto che non ha titolo ne esperienze in merito) a tanti ragazzi che ogni giorno sono lontani da casa per una causa più grande.
PS: anch’io sono iscritto all’ordine dei giornalisti e assicuro che il nostro paese ha bisogno della stampa per conoscere fatti e verità e ripeto VERITA’. Se uno poi vuole fare l’opinionista almeno non si spacci per giornalista (colui che racconta fatti reali senza storpiare la verità) che è ben diverso.
Andrea -
una sola domanda: ma lei è mai stato laggiù con i nostri soldati? penso che solo chi è stato laggiù può veramente esprimere un’opinione qualunque essa sia ma solo dopo aver visto con i propri occhi e toccato con le propie mani.
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