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Diritto di critica | November 21, 2024

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“Insegneremo a fare gli omosessuali? Ma non scherziamo!” - Diritto di critica

“Insegneremo a fare gli omosessuali? Ma non scherziamo!”

Ventidue ore di lezione per trattare il rapporto tra omosessualità e politica, ma anche il lato filosofico della questione “nel tentativo di dare un vocabolario per leggere la questione omosessualità”, come spiega Antonella Besussi, ordinario di Filosofia Politica della Statale e coordinatrice del corso.
L’iniziativa è stata promossa degli studenti del collettivo universitario Gay Statale e partirà il 20 gennaio, ma le polemiche non si sono fatte attendere. Certo i titoli con cui è stata presentata la notizia, ” a lezioni di omosessualità”, possono trarre in inganno i più maliziosi, forse era meglio parlare di corsi “sull’omosessualità”; ma di qui a dire, come fa Francesco Specchia su Libero, che “all’università insegnano a fare gli omosessuali” ce ne vuole di sfrontatezza. Se poi il tutto è condito con stereotipi e con il solito refrain “ho tanti amici gay che la pensano come me”, allora l’omonegatività – come la definisce uno dei docenti del corso, l’avvocato Matteo Winkler – diventa evidente e pericolosa.

Professor Winkler, ma davvero, come scrive Francesco Specchia su Libero, tra una lezione e l’altra tra le mura della Statale di Milano risuoneranno i Village People?

Esattamente. Interverranno gli ABBA, gli Alcazar e verrà a tenere un concerto anche Madonna. Ma non scherziamo! Il corso è un’idea degli studenti, che parte da loro, dalla loro voglia di apprendere nozioni che altrove non vengono loro date. Altro che Giurisprudenza, come dice Specchia…
Studentesco nello spirito, però, il corso rimane un corso universitario. E’ tenuto da docenti qualificati, che hanno esperienza sul campo delle varie discipline coinvolte: psicologia, sociologia, diritto, economia ecc. Non è uno scherzo. E’ un corso che richiede costanza e impegno, sia da parte degli studenti che da parte dei docenti.

Non credo che il suo corso sul rapporto tra omosessualità e politica si occuperà del numero di presidenti del Consiglio gay….

Infatti, non lo farà. La mia lezione, che terrò con l’amico e militante Gabriele Strazio, col quale ho scritto il libro L’abominevole diritto. Gay e lesbiche, giudici e legislatori in uscita a maggio per il Saggiatore, affronta il rapporto tra la omosessualità e politica, cioè tra l’orientamento sessuale e le modalità con cui vengono assunte le decisioni che riguardano tutti noi, la collettività. Il discorso passa attraverso la nostra Costituzione, il riconoscimento dei diritti civili, la lotta all’omofobia, tutti temi che verranno affrontati con le lenti del giurista e del militante. Mi creda, ne uscirà un dialogo interessante, per chi vorrà ascoltarlo.

Specchia, nel suo fervore da costituzionalista “sostenitore liberale  di ogni minoranza”, tradisce anche una certa ignoranza: cosa c’entra quel riferimento all’articolo 1 della Costituzione?

Ma doveva fare riferimento all’articolo 3, semmai! Prima di fare citazioni… Comunque, per chi non se lo ricordasse, l’articolo 3 della Costituzione riconosce a tutti pari dignità sociale ed uguaglianza di fronte alla legge a prescindere dalle caratteristiche personali.

Sappiamo, però, che anche azzeccato, il riferimento all’art. 3 è spesso più che altro un alibi…

Sì, perché tutti sanno che gay e lesbiche non hanno gli stessi diritti degli altri. A differenza degli eterosessuali, ad esempio, non possono sposarsi con la persona che amano. Poi, molti padri o madri che si scoprono omosessuali faticano ad ottenere l’affidamento dei loro figli, proprio perchè omosessuali. Ma per fortuna ci sono segnali di cambiamento nella giurisprudenza e studi delle più importanti associazioni di psichiatri e psicologi dimostrano anche che gay e lesbiche possono essere genitori meravigliosi. E le statistiche contraddicono la convinzione che sia dannoso per i bambini crescere con due genitori dello stesso sesso.
Insomma, se esiste l’articolo 3 è proprio perché, di fatto, vi sono gravi disuguaglianze che vanno ancora combattute e meritano di essere sconfitte. Non siamo ancora tutti veramente uguali; non abbiamo tutti la stessa dignità dinanzi alla legge.

Negli Stati Uniti ogni anno si celebra il coming out day, Specchia – citando i suoi amici gay – condanna invece l’abuso del dichiararsi gay. Lei come la pensa?

Mi chiedo come si faccia ad essere gay e contemporaneamente amici di una persona che vede un problema nel dichiararsi. Solo chi è omofobo (o, più modestamente, omonegativo, ma l’approccio è simile) può individuare nel coming out una questione da ridurre a piume e paillettes. Dietro a tutto ciò si cela un pregiudizio.
Come quello subìto da un serbo in un recente caso americano. Pestato a sangue dal padre, torturato dalla polizia perché frequentava un militante gay conosciuto dalle autorità, picchiato e violentato dai compagni di cella, quel cittadino serbo si è visto negare il diritto di asilo negli Stati Uniti perché, come ha detto il giudice, “non sono riscontrabili in lui tratti effemminati”. Imporre conseguenze in termini di diritti della persona solamente in virtù del proprio esprimere se stessi è tipico di civiltà e forme di Stato che oggi sembrano davvero superate, almeno in Occidente.

Vuole dire qualcosa a Francesco Specchia?

Sì, vorrei invitarlo al corso che si terrà all’Università Statale di Milano. Si accorgerà che non parliamo di piume e paillettes. E non avrà nulla da temere: non diventerà gay a furia di sentir parlare di omosessualità.

Comments

  1. francesco specchia

    Risposta di Specchia a Winkler:
    caro avvocato, apprezzo che almeno lei abbia letto il mio articolo, al di là dei titoli roboanti (che non sono roba mia) e dei pregiudizi che si sono spesi in questi giorni.
    Solo per puntualizzare:
    a) il tono dell’articolo era ironico in omaggio alla scrittura di David Sedaris, gay, mio mito letterario. Lo stesso termine “froceria” è la traduzione di una battutta di lenny Bruce ripresa da Capote: entrambi solidssimi gay che non hanno mai tenuto corsi. Peccato che sia lei che l’intervistatore non abbiate neanche sottolineato che oltre ai Village People io ho citato David Leavitt e i Simpson; evidentemente non vi faceva comodo farlo notare;

    b)Ovvio che l’art 1 era un refuso (tra l’altro corretto nelal seconda edizione del giornale);

    c)confermo che il contenuto del vostro corso è in parte quello di altri corsi, compreso quello del prof.Ronzon di verona, e quello di Bologna (a pagamento, non pagato dalla facoltà);

    d) Avendo lavorato con gay illustri come Alfonso Signorini, Platinette e Alessandro Golinelli ed essendomi battuto negli ambienti di una destra becere contro le discriminazioni verso gli omosessuali (dovreste informarvi prima di spararle…), trovo che dare al sottoscritto dell’omofobo sia come dare a Berlusconi del comunista. Ciò detto esistono i cretini, sia tra i gay che tra gli etero, e spesso si riempiono la bocca di vittimismo;

    e) confermo che trovando la condizione dell’omosessuale del tutto naturale sia inutile farci sopra un corso pagato da noi. Come è inutile fare, per dire, un corso sulla sirena del Borneo. Ciò detto, magari accoglierò il suo invito; se diventerò gay chiederò alla Statale di fare un corso universitario per etero e cambiare il corso della storia (è una battuta, ovviamente: bat-tu-ta, eh…)
    cordialmente
    Francesco Specchia

    • Grazie per il suo commento, buona giornata.

    • Alessandro Golinelli

      Gentili lettori,
      intervengo in questo dibattito perché tirato in ballo direttamente da Francesco Specchia come amico che sarebbe d’accordo con lui sull’abuso del coming out.
      Conosco Francesco Specchia da anni per aver lavorato in televisione con lui, dietro le quinte e non. Mai Francesco ha assunto atteggiamenti omofobi né nei miei confronti, gay dichiarato pubblicamente da anni, né nei confronti di altri, esprimendo anzi un’apertura mentale ben al di là della tolleranza, anche sui contenuti dei programmi che curavamo assieme. E posso testimoniare quanto, pur lavorando in un giornale come Libero, abbia cercato, spesso anche riuscendoci, di affrontare la questione omosessuale sulla carta stampata.
      Posso anche confermare di aver più volte sostenuto con lui che il coming out, che io ritengo il primo passo verso la felicità di ogni gay, non lo si può obbligare e che in alcuni casi, soprattutto quando è fatto in TV, non è utile alla causa, ma solo a chi lo fa. E che alcune figure di omosessuali pubblici, sinceramente sviliscono la categoria (è una battuta.) Sottoscrivo quindi che dare dell’omofobo a Francesco Specchia è come dare dell’onesto (ma Francesco aveva detto comunista) a Berlusconi.
      Detto ciò, ho letto l’articolo di Francesco Specchia e con tutto l’affetto che provo per lui e, sinceramente convinto della sua buona fede, è caduto in un errore grossolano, comune però non a tutta la destra, ma al mondo culturale, che è più omofobo di Ahmadinejad.
      L’errore in cui è caduto Francesco Specchia è di non aver supposto che esistono delle specifiche culturali e sociali e delle dinamiche economiche proprie del mondo gay, pur nella sua variegata diversità, e che queste possano e anzi debbano essere studiate e da tutti.
      Ammettere che se Leonardo fosse stato etero, la Gioconda non avrebbe avuto il fascino ambiguo che ha, è dura in un paese maschilista come l’Italia, in cui anche il femmineo nell’opera d’arte viene raramente preso in considerazione.
      E aggiungerei, occupandomi oltre che di cultura gay da venti anni anche della distribuzione di questa, che esistono dinamiche economiche ben diverse che nel mondo etero, e differenze profondissime addirittura fa un economia gay e una lesbica.
      E se proprio vogliamo insistere, anche i vituperati Village People, gli Abba e persino Madonna fanno parte di un settore della cultura gay importantissimo, se non altro dal punto di vista commerciale, oltre che culturale…. (Ma nessuno si ricorda mai del Camp!). Per non parlare della moda.
      Ben vengano quindi i corsi universitari sull’omosessualità. Purché siano tenuti da insegnati preparati e qualificati.
      Devo aggiungere però una considerazione personale: comprendo che nel dibattito si possa andare un po’ oltre e che Diego Tommasoni abbia giustamente voluto difendere una causa che non è solo sua, ma di tutti, e anche mia. Io stesso, alla sua età, mi sarei forse spinto anche oltre. Ma se mi permette includermi in coloro che non hanno fatto nulla per il movimento Gltb può significare o che non mi consce, o che non riconosce un valore alla cultura, al coming out, alle riviste e ai festival del cinema gay.
      Saluti

      Alessandro Golinelli

      • Alessandro Golinelli

        Ovviamente la vecchiaia fa i suoi danni, la mia vecchiaia.
        Non è Tomasoni, con il quale mi scuso, che non mi riconosce fra i militanti del movimento GLBT, ma Andrea Tornese.
        Alessandro Golinelli

  2. Andrea Tornese

    Caro Specchia, da estimatore di Leavitt ho voluto evitare, e non per comodità (de’ che poi?), il riferimento a lui perché non ci troverei nulla di male se durante un corso sul mondo omosessuale ci fosse una lettura di brani delle sue opere. Così come non ci troverei nulla di male ad analizzare, nello stesso contesto, i Simpson, anche se certo non li mischierei con Leavitt.
    Ho tanti amici eterosessuali che la pensano come me (e il prof. Winkler). Non mi dirà che il pensiero dei suoi amici gay, siccome illustri, vale più del nostro. Anche se ammetto che una conoscenza superiore del problema possano averla, visto che tra i suoi amici ci sono veri campioni dell’omosessualità sbandierata, e non di certo per scopi utili alla vivibilità delle persone lgbt.
    Non sarà omofobo, ma la sua condanna del coming out lo è. Almeno fino a quando dichiararsi, singolarmente o attraverso i gay pride, sarà l’arma principale che abbiamo per sconfiggere l’ignoranza su di noi.
    Sull’art. 3, ammesso il refuso, ma che comunque meritava la battuta: è ampiamente dimostrato dalla cronaca e dalla vita di tutti i giorni quanto, come si legge nell’intervista, in assenza di misure concrete, sia inefficace nell’effettiva tutela davanti alle legge delle persone lgbt. Utilizzato come alibi, a destra e a sinistra, da chi non ha il coraggio di intervenire per riconoscere la piena parità tra tutte le persone a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.

  3. francesco specchia

    RISPOSTA A TORNESE da SPECCHIA

    Caro Tornese, apprezzo la sua risposta,

    ma non credo che “La lingua perduta delle gru” sia indegno di citazione, dato il tema ( e per me i Simpson, su un piano di lettura diverso, valgono Leavitt). Non ho detto che l’opinione dei mie8i amici gay sia migliore della vostra; è solo quella di gente in grado di cercare il dialogo su tutto, e non di attaccare a testa bassa senza articolare i discorsi, come in questo momento stanno facendo nei miei confronti siti gay di sinistra convinti del fatto che siccome uno scrive su Libero dev’essere fascista e cerebroleso.

    Sul coming out: non ho mai detto che lo condanno, anzi. Però, da liberale, rispetto fortemente la scelta di chi vuol tenere la propria vita sessuale limitata solo al suo privato, per pudore, per discrezione e soltanto perché ne ha voglia. E’ come il ricco o l’ebreo che non tiene a sbandierare il suo 740 o la Torah perché fanno parte solo e soltanto della propri intimità. L’essere gay è condizione normale, seppur minoritaria; ma se lei mi trova omosessuali che vedono puntualmente violati i loro diritti costituzionali, in quel caso, bè, sì che bisognerebbe sollevare un vespaio. Ma non perché chi subisce la violazione sia gay, semplicemente perché è una persona. Quell’ “ampliamente dimostrato dalla cronaca e dalla vita” va discusso caso per caso. Per il resto, non ha mai apprezzato le lobbies, fossero quelle di Cl, degli ex di Lotta Continua, degli ebrei, dei berlusconiani, dei giornalisti e perfino dei gay (forse per riottosità naturale o ,probabilmente, perché non sono mai riuscito ad appartenere a una) ed è per questo che ritengo i gay pride una forma di auto-ghettizzazione. Ce lo vede Leavitt, oggi, su un carro in piume di struzzo da drag queen?

    Cari saluti

    fs