Le vie alternative della gomma - Diritto di critica
Trecentocinquantamila tonnellate: a tanto ammonta la quantità di pneumatici che ogni anno in Italia giungono a “fine vita” e vengono classificati come PFU (pneumatici fuori uso). Di essi, la metà sono destinati al recupero energetico, mentre circa 100 mila tonnellate vengono disperse in circuiti e discariche illegali: «In cinque anni – spiega Antonio Pergolizzi, di Legambiente – ne abbiamo censite 1.049 solo sul territorio italiano, per un’estensione di 6 milioni e 170 mila metri quadrati, pari a più di ottocento campi di calcio. I traffici illegali, gestiti da associazioni criminali non necessariamente di stampo mafioso, si rivolgono soprattutto all’estero, a paesi come la Malesia o il Congo, dove la legislazione in materia di smaltimento è molto più permissiva di quella europea. Smaltire gli pneumatici usati tramite circuiti illegali – prosegue ancora Pergolizzi – è molto più economico che non utilizzare le vie legali, ma si tratta di una pratica miope, perché gli pneumatici usati sono un rifiuto che, se trattato, può diventare un’ottima materia prima».
Il dato più imbarazzante, almeno rispetto al resto dell’Europa, riguarda infatti la percentuale di PFU destinata in Italia al recupero come materia prima: si parla di appena di 20% del totale, pari alla metà della media europea. Una percentuale che, salvo nuove disposizioni legislative sul tema, potrebbe essere destinata ad abbassarsi ulteriormente. Con la prossima emanazione del Decreto Ministeriale attuativo dell’articolo 228 del D.Lgs. 152/06, infatti, che affida a produttori ed importatori il compito di occuparsi di questo tipo di rifiuto vietandone la deposizione in discarica (nemmeno se frantumato), la gestione dei PFU passerebbe totalmente nella mani delle società che raggruppano i principali produttori di pneumatici, vanificando di fatto l’attività di piccole e medie aziende di recente formazione specializzatesi nel riciclaggio dei pneumatici usati: un sistema già in uso in altri paesi europei quali Francia o Spagna (che hanno affidato a un ente di diretta emanazione delle multinazionali del settore la gestione dei PFU), ma che non favorisce il recupero di questo materiale.
«In questi paesi – spiega Ettore Musacchi, presidente del consorzio Argo, Associazione Riciclaggio Gomma – i produttori mandano gli pneumatici a bruciare in Africa in modo che loro, proprietari anche delle piantagioni dell’albero della gomma, riescono a continuare a vendere la gomma in un mercato, come quello dell’auto, maturo e stanco». Il consorzio Argo raggruppa le aziende produttrici sotto il marchio “Albero della gomma” e che dal riciclaggio degli pneumatici – realizzati in parte con gomma d’albero e in parte con materiali sintetici – ricavano un’infinità di nuove applicazioni con uno scarsissimo impatto ambientale. Se infatti produrre una tonnellata di gomma dal petrolio incide sull’effetto serra al pari di un viaggio in automobile da Roma a Sidney, la stessa quantità di materiale ricavata dal riciclo incide quanto un viaggio in automobile da Roma a Rimini.
Dal riciclaggio dei PFU si ottengono isolanti per l’edilizia o acustici, suole per le scarpe, dissuasori stradali e separatori di corsia, campi da tennis o erba sintetica per i campetti di calcio, pavimenti antitrauma per i parchi giochi o passerelle da spiaggia: una filiera produttiva ecologica basata sul riciclaggio che, anche in tempi di crisi, continua a creare occupazione ed offre già più di 15 mila posti di lavoro.
-
A Terni nella ex fabrica chimica di Nera Montoro si sta allestendo un impianto che recupera gli pneumatici usati per riciclarli, un metodo di recupero a inquinamento ZERO.
-
Una quantitá secondo me considerevole di pneumatici usurati viene ritirata da extracomunitari (in particolare africani) che li rivendono in Africa.
In molti paesi é praticamente impossibile trovare una buona gomma, si trovano soltanto i pneumatici usurati che arrivano dall’Europa…
Comments