Sul Sinai si aggrava la situazione degli eritrei rapiti, «il rischio è che li spostino» - Diritto di critica
«Adesso il rischio più immediato è che li spostino». A lanciare l’allarme sulla sorte dei profughi eritrei sequestrati in Egitto è ancora una volta don Mussie Zerai, sacerdote eritreo della ong Habeshia, intervenuto oggi durante un incontro in Senato sulla questione degli ostaggi sequestrati sul Sinai.
La situazione dei 250 rapiti resta drammatica. Sei persone sono già state uccise, quattro sono sparite dopo essere state costrette a donare i loro organi per pagarsi il riscatto, numerosi sono i feriti. Almeno 80 dei rapiti, inoltre, fanno parte del gruppo di eritrei respinti dall’Italia il 6 giugno scorso, fuggiti in Egitto dopo la “sanatoria” del governo libico che ha svuotato le carceri di Gheddafi. Nonostante il Paese di Mubarak, a differenza della Libia, abbia ratificato la Convenzione di Ginevra, però, sembra che i migranti non abbiano alcuna garanzia. «L’Egitto – continua Zerai – non è nuovo a deportazioni di eritrei verso il loro Paese d’origine e quindi è necessario che quando la situazione si risolverà qualcuno si faccia carico di queste persone».
«Sono state trasmesse – ha proseguito Zerai – al sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, tutte le informazioni utili a individuare il luogo di detenzione degli eritrei. Trovarli anche attraverso le schede telefoniche per i governi non dovrebbe essere difficile». Secondo alcune informazioni, infatti, i rapiti si troverebbero alla periferia di una citta’ da cui riuscirebbero anche a sentire la voce del muezzin che chiama alla preghiera.
Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano Rifugiati, ha poi sottolineato come Israele stia costruendo un muro di 110 chilometri proprio nel Sinai, al confine con l’Egitto, per arginare l’immigrazione clandestina. «Abbiamo notizia di alcune uccisioni di eritrei – spiega- perché i soldati hanno l’ordine di impedire l’attraversamento del confine».
«Si continua a fuggire da paesi come l’Eritrea o la Somalia, ma la gente non arriva più in un posto sicuro» ha aggiunto Laura Boldrini, portavoce italiano dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati. E l’unica conseguenza della politica italiana dei respingimenti è numerica: si è passati dalle 31mila domande di asilo del 2008 alle circa 10mila previste per quest’anno. «Questa vicenda – ha concluso la Boldrini – non puo’ essere considerata come qualcosa che non ci appartiene».
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Non posso considerare la ong Habeshia, di Don Mussie Zerai, esempio di democrazia e credibilià non avendo MAI risposto, anche per l’educazione che contradistingue le persone civili, alle mie lecite domande.
Cordialità -
il Sinai non è in Libia anche se piace attaccare tutto cio che è negativo alla Libia, certo l’Egitto è un paese moderato!!!! tanto amico dell’occedente !!! scrivete quello che supiscono l0’africani in egitto!!!
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e chi ha mai scritto che il Sinai è in Libia…comunque certo che possiamo parlare di cosa subiscono gli africani in Egitto. Ogni testimonianza è benvenuta
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L’Agenzia Habeshia è esemplare per serietà e impegno, soprattutto per quanto riguarda il delicatissimo tema dei rifugiati. Don Mussie Zerai è un sacerdote ispirato e un uomo coraggioso, perché nel nostro tempo occuparsi di diritti umani e principalmente di immigrazione, senza appartenere al pensiero primitivo di chi esercita intolleranza a tutti i costi, è davvero difficile e rischioso. A volte capita di non ricevere le mail o di non trovare il tempo, specie durante le emergenze, per rispondere a tutti. L’articolo di Torsello parla proprio di una delle tante sequenze di violazioni dei diritti umani che purtroppo colpiscono gli africani in Egitto. Non a caso, stiamo assistendo alla copertura, da parte delle autorità egiziane, di reti criminali di traffico di migranti africani, espianto dei loro organi, stupri e torture verso i loro bambini e le loro donne, nonché omicidi nei loro confronti. Non appena, lavorando tutti insieme, saremo riusciti a ottenere la liberazione dei 250 eritrei, sarà il caso di affrontare anche gli altri aspetti (migranti nelle terribili carceri egiziane, violazioni della Convenzione di Ginevra, abusi istituzionali). E in primis, bisognerà continuare a mettere l’Egitto di fronte alle proprie responsabilità, chiedendo che il governo inizi a combattere la tratta di esseri umani, il mercato d abominevole degli organi umani, le violenze e stupri “legalizzati” su donne e bambini. Contemporaneamente, si dovrà continuare ad opporre un pensiero civile a quello barbarico dei partiti intolleranti che imperversano in Italia (grande responsabile della trasformazione dell’Ue un po’ in una “fortezza” e un po’ in un grande lager) e alle seduzioni che tale pensiero esercita anche sui movimenti sedicenti “democratici”. Ne è un esempio il caso di tre ragazze Rom pestate recentemente da un poliziotto in pieno centro Milano e costrette a patteggiare una pena detentiva per evitare guai peggiori davanti al magistrato. Ma, fatto ancora più emblematico, è stata proprio l’indifferenza di tutti i parlamentari italiani, cui il caso è stato sottoposto anche con testimonianza video. Già: sono donne Rom, non donne “tout court” ai loro occhi. Lo stesso caso ha destato indignazione fuori dai nostri confini e importanti organismi internazionali se ne stanno occupando, perché almeno non finisca con il consueto silenzio che da noi copre tanti abomini, salvo che ci scappi il morto (come nei casi Cucchi o Aldrovandi). Si potrebbe continuare, perché il dramma degli stranieri nell’Ue si dipana attraverso una matassa di discriminazioni e abusi che collega tanti attori, compresi quelli apparentemente “insospettabili”…
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