Futuro e Libertà, in tre passi da laici a "laici credenti" - Diritto di critica
- Andrea Tornese+
- 4 Dicembre 2010 Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard
«Siamo tutti laici in politica». Lo scrivono ventiquattro deputati, otto senatori e tre europarlamentari, tutti di Futuro e Libertà. Prendendo le distanze sia dai cosiddetti laicisti che dai clericali o integralisti cattolici, la stragrande maggioranza dei finiani (il gruppo alla Camera conta trentasei deputati e quello del Senato dieci senatori) enuncia i suoi valori e li circoscrive nel «terreno comune dei principi di diritto naturale, che partono innanzitutto dalla difesa della dignità della persona umana».
«I diritti del nascituro, il rispetto della vita umana dal suo concepimento al suo termine naturale – si legge nella lettera aperta – il diritto del bambino ad essere adottato entro il perimetro di una famiglia naturale costituita da due persone di sesso diverso, non sono contestati da chi si attenga, nella prassi politica, ai principi del diritto naturale, sia egli credente o non credente».
Si compie così un terzo passo nella breve ma già movimentata esperienza del gruppo creatosi intorno a Gianfranco Fini: da subito un’apertura sui diritti civili, ribadita a Bastia Umbria anche dallo stesso presidente della Camera; poi le critiche dall’Avvenire, soprattutto sui diritti alle coppie tra persone dello stesso sesso, e la consecutiva rassicurazione di Fini: nessun equiparazione tra famiglia tradizionale e coppie gay; ora la lettera aperta dei “laici credenti” o, utilizzando le loro parole, “illuminati, ma non coartati dalla rivelazione cristiana”.
Tra i nomi di rilievo in calce alla lettera, di cui è primo firmatario Roberto Rosso, ci sono quelli di Andrea Ronchi, Luca Barbareschi e Fabio Granata. E poi Antonio Bonfiglio, Roberto Menia e Enzo Rivellini. Spicca invece l’assenza di firme come quella del capogruppo Italo Bocchino, del vice capogruppo Benedetto Della Vedova e quella di illustri finiane come Giulia Bongiorno, presidente della Commissione giustizia, Flavia Perina, direttrice del Secolo d’Italia, e Chiara Moroni.
Da un lato, Bonfiglio che ha fondato il il movimento “Il popolo della vita”; Menia che ha detto «sono un cattolico, patriota e tradizionalista, e penso che il riconoscimento alle coppie di fatto, per non dire alle coppie omosessuali, vada negato»; e l’eurodeputato Rivellini sostenitore dell’idea che «dobbiamo dare pari diritti a tutti, indipendentemente dal sesso. Tenendo però presente che la famiglia è composta da uomo e donna affinché ci sia la continuazione della specie».
Dall’altro, Moroni che a Klaus Condicio si è detta addirittura favorevole ai matrimoni gay («inteso come contratto civile», ma sicuramente non come i defunti e da lei stessa non compianti DiDoRe di Rotondi e Brunetta); Della Vedova, (ex) radicale, che auspica la revisione della legge 40 sulla fecondazione assistita; e Perina che di recente, insieme allo stesso Della Vedova, ha aderito alla “rete dei diritti civili” Equality Italia, fondata tra gli altri da Aurelio Mancuso, ex presidente nazionale di Arcigay, e Anna Paola Concia.
Roberto Rosso, in un’intervista esclusiva a Quotidiano Sanità, ha spiegato che, in particolare sulle coppie gay, «gli omosessuali chiaramente non possono avere un desiderio all’adozione, perchè il bambino ha diritto ad essere adottato da una coppia eterosessuale fondata sul matrimonio, ma perché negar loro la possibilità di prestarsi assistenza ospedaliera o di ricevere la pensione di reversibilità?». In altre parole quei diritti minimi che volevano riconoscere prima i Pacs, poi i DiCo, poi i Cus e infine i DiDoRe.
L’associazione “di persone omoaffettive di centrodestra”, GayLib, da sempre vicina a Fini e convinta sostenitrice di Futuro e Libertà, un progetto nel quale hanno spesso ribadito di riconoscersi pienamente, oltre a ripubblicare l’intervista di Quotidiano Sanità non fa nessun commento. «Pur ritenendo ottimale l’allargamento del matrimonio civile alle coppie omosessuali, GayLib lancia la proposta dell’istituzione del Registro delle Unioni Omoaffettive», si legge sul sito dell’associazione. In quest’ottica, pur criticando il “gioco al ribasso” che il movimento lgbt di sinistra ha fatto nel corso degli anni (arrivando ai DiCo, dove spariva il concetto di coppia), dovranno prendere atto che quello stesso gioco è in atto in FLI e che i laici, ma a questo punto “laicisti”, secondo la distinzione fatta dai firmatari della lettera aperta, sono in netta ed evidente minoranza. Così come nel Pdl.
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