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Diritto di critica | November 5, 2024

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«Marchiati a fuoco e incatenati senz'acqua», su DdC la voce dei profughi rapiti sul Sinai - Diritto di critica

«Marchiati a fuoco e incatenati senz’acqua», su DdC la voce dei profughi rapiti sul Sinai

L’ultimatum è per domani. Se i trafficanti non riceveranno il riscatto richiesto, i 250 eritrei rapiti sul Sinai – ottanta dei quali provenienti dall’inferno delle carceri libiche – saranno fatti «sparire». Dopo aver pagato duemila euro per arrivare in Israele, una volta giunti in Egitto i profughi erano stati rapiti da un gruppo di trafficanti che pretende da ciascuno il pagamento di ottomila euro a testa in cambio della vita.

«Non ci danno acqua potabile – ha raccontato oggi al telefono una donna contattata da don Mussie Zerai, della ong Habeshia – dobbiamo bere l’acqua salata del mare e molti di noi già hanno problemi intestinali. Ci danno da mangiare una pagnotta e una scatola di sardine ogni tre giorni, siamo costretti a vivere incatenati come bestie». E la testimonianza è di quelle che non possono essere ignorate dai governi: «Abbiamo nove persone ferite in modo grave a causa delle percosse – prosegue la donna – bisognose di cure urgenti perché hanno testa fracassata e gli arti rotti. L’altro ieri sera, quattro di noi che non hanno alcun parente all’estero che possa pagare per loro un riscatto, sono stati portati via per prelevargli un rene da vendere. Altri, invece, sono stati marchiati con il fuoco per costringerli a chiamare i familiari e chiedere di pagare il riscatto. L’ultimatum è per domenica – conclude – dopo di che hanno detto che ci fanno sparire».

L’organizzazione per i diritti umani EveryOne – intanto – poco fa ha fatto sapere di aver individuato e comunicato all’Onu la località in cui sono detenuti gli ostaggi eritrei. E lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il traffico di esseri umani ha confermato a EveryOne che il caso, dopo le rivelazioni, riveste ufficialmente la massima priorità. Secondo quanto scrive l’Ansa, infine, sarebbe stato allertato anche il Mossad per evitare che i trafficanti possano fuggire attraverso i tunnel che collegano Israele alla Palestina. La speranza è che “la massima priorità” giunga prima dell’ultimatum.

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