Come un dipendente, ma è a progetto. La storia precaria di un ingegnere - Diritto di critica
Una scrivania, una mail aziendale e un orario di ingresso e uno di uscita. Carlo ha 25 anni, una laurea triennale in ingegneria informatica e lavora come sviluppatore software in un’azienda di consulenza informatica. Ma non è un dipendente qualsiasi. La sola unica differenza con gli altri suoi colleghi? Ha un contratto a progetto. E solo 600 euro al mese.
“Il mio primo contratto lavorativo è stato di 8 mesi a progetto a meno di 600 euro netti al mese, nella stessa azienda dove precedentemente ho fatto 4 mesi di tirocinio universitario completamente gratuito”, racconta Carlo. Ora con la stessa azienda ha firmato un altro contratto a progetto per due mesi a 900 euro “con la promessa che da gennaio verrò stabilizzato con contratto a tempo indeterminato”.
Ma la promessa di assunzione è subordinata ad una semplice pretesa: “Se non vieni in ufficio e ti fai 8 ore come gli altri (assunti a tempo indeterminato) non ti assumeremo”. Spiega Carlo. “Se non fosse che per legge un contratto a progetto non prevede obblighi di presenza al lavoro”. Infatti, il contratto a progetto prevede che non debba esserci alcun rapporto di subordinazione tra il lavoratore e l’azienda, “cosa che invece avviene regolarmente”.
“Se vogliamo essere pignoli è capitato, spesso e volentieri, che il lavoro da me svolto non avesse niente a che vedere con l’argomento del “progetto” contenuto nel contratto da me firmato, anche se tuttavia ho sempre avuto a che fare con cose di mia competenza”. Che senso ha, quindi, parlare di “progetto” se il “collaboratore” svolge gli stessi compiti di un dipendente?
C’è ancora qualcosa che rende Carlo in tutto e per tutto simile ad un assunto a tempo indeterminato: “la pretesa, da parte loro, di essere avvertiti in caso di assenza, o di ‘recuperare ore’”. Ma il contratto non prevede orari e obbligo di presenza in ufficio.
Ma su due aspetti certamente Carlo non può dirsi uguale ad un lavoratore dipendente: pochi soldi, pagati in ritardo e la paura di perdere il posto di lavoro. “Ancora non ho visto la busta paga di ottobre: ‘stiamo aspettando che in banca sblocchino le procedure’, il solito motivetto, mentre tutti i dipendenti sono stati pagati puntualmente. Fortuna che abito ancora dai miei genitori, altrimenti avrei dovuto pagarmi l’affitto con i loro ‘blablablabla’”.
Ora Carlo aspetterà fino a metà dicembre per vedere se realmente gli proporranno un contratto stabile, “altrimenti manderò curriculum a destra e a manca”. “La mia intenzione è quella di raggiungere 3 anni di esperienza lavorativa qui in Italia, e poi andare all’estero (magari!), dove con 3 anni di esperienza puoi avere un contratto decente grazie al quale si possa fare anche qualche progetto a lungo termine sulla propria vita”.
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DICO SOLO QUESTO: “IDEM………
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