Noi, straniere che votiamo Lega Nord - Diritto di critica
Yacine. Aretha. Edith. Suzanne. Storie di donne che si intrecciano in una cittadina della provincia bergamasca, Clusone, dove le problematiche di integrazione non riguardano tanto fenomeni di integralismo, delinquenza o disagio sociale, quanto la diffidenza di un paese – a forte maggioranza leghista – che in pochi anni si è trovato ad affrontare una presenza straniera molto variegata.
Yacine vive in Italia da dieci anni. Giunta dal Marocco per raggiungere il marito quando ne aveva ventisei, si è subito rimboccata le maniche per imparare lingua e usanze italiane e cerca lavoro come cameriera o badante.
Badante è anche Suzanne, originaria del Senegal, che ha compiuto il difficile passo di abbandonare la famiglia per venire a lavorare in Italia e garantire così ai figli una vita dignitosa. Anche lei adesso vive a Clusone. «Sia io che mio marito – racconta – eravamo disoccupati con quattro bambini da mantenere. Non potevo fare altro, ma è stato molto doloroso».
Un scelta che è stata costretta a prendere anche Aretha, quando dal Ghana è partita per l’Italia, affidando i figli alle cure della nonna: soltanto dopo aver trovato lavoro come operaia ha potuto chiedere il ricongiungimento familiare e riaverli con sé. «È soprattutto per loro – spiega – che vorrei ottenere la cittadinanza italiana: sarebbe una garanzia per costruirci una vita in Italia senza rischiare essere espulsi o dover rinnovare il permesso di soggiorno».
Il figlio di Edith invece era già adulto quando lei ha deciso di vendere tutto e lasciare l’Argentina nel pieno del tracollo economico per rifarsi una vita in Italia: ora vive a Clusone e lavora come sarta.
Secondo quanto risulta alla Caritas di Clusone, la cittadina, come altri paesi decentrati rispetto al capoluogo provinciale, è stata interessata da fenomeni migratori significativi soltanto di recente. «Il caso di Clusone – spiega Vanna Trussardi, responsabile della Caritas di Clusone –è paradigmatico per tutti i piccoli centri lontani dalle città: l’immigrazione è arrivata dopo ed assume caratteristiche diverse. I paesi di provincia – continua – sono realtà più ‘protette’, dove i risultati dei programmi di integrazione si vedono anche a breve termine, ma, prima, bisogna superare una dura scorza di diffidenza da parte della gente del posto, che ancora tende a vedere nello straniero il ‘diverso e minaccioso’». E se fino al 2005 giungevano soprattutto uomini, grazie ai numerosi ricongiungimenti familiari e alla continua richiesta di badanti negli ultimi anni è aumentata anche la presenza femminile. «Con le donne – continua ancora Trussardi – è più facile pensare ad un processo di integrazione, perché hanno bisogno del rapporto con le istituzioni locali, ad esempio per mandare i figli a scuola: questo – sottolinea – crea un clima più ricettivo, aiutato dal fatto che a Clusone non si riscontrano sacche di delinquenza come nelle grandi città e le piccole dimensioni del paese permettono di tenere monitorate eventuali situazioni di disagio».
Nell’agosto 2010, a Clusone gli stranieri hanno raggiunto il 6,56 % sul totale della popolazione (all’incirca ottomila abitanti). Vengono soprattutto da Marocco, Ucraina, Serbia e Romania, ma sono presenti anche gruppi consistenti di ghanesi e senegalesi. «Le donne di colore – prosegue Trussardi – riescono ad inserirsi senza difficoltà, nonostante la diffidenza generalizzata della gente del posto verso i ‘negher’. Cosa che invece – prosegue – non si può sempre dire delle donne provenienti da paesi arabi, per le quali la differenza di cultura rende spesso faticoso un inserimento costruttivo nel tessuto sociale».
A complicare in alcuni casi la situazione, anche gli echi della politica nazionale che non risparmiano nemmeno i piccoli centri di provincia. Con un dato da sottolineare: i cittadini stranieri regolari votano Lega. «Ci preoccupa – sostengono sia Aretha che Suzanne- il fatto che sia sempre più difficile per gli stranieri rinnovare i documenti. La Lega Nord – aggiunge Suzanne – non ha problemi con noi che lavoriamo e viviamo onestamente, ma con gli stranieri che non rispettano le leggi: queste persone dovrebbero tornare nel loro Paese». E dello stesso parere è anche Natasha, rumena residente nel paese: «ogni Paese ha il diritto di difendersi. Se in Italia gli stranieri vengono solo per delinquere, allora non ha senso che restino. Quello che sta facendo la Lega è lecito. Ciò che invece è sbagliato, è pensare che tutti gli stranieri siano delinquenti». Idee ribadite anche dalla responsabile Caritas, secondo cui la Lega Nord paradossalmente rappresenta per gli stranieri, e soprattutto per le donne, una sorta di garanzia di permanenza in Italia. «Nessuna donna immigrata – spiega – vorrebbe lasciare l’Italia, anche solo per le possibilità che il nostro Paese offre ai loro figli. Gli immigrati che delinquono, anche se in numero minore rispetto al totale, rappresentano una minaccia a ciò che loro hanno ottenuto qui con fatica».