A piedi, in pullman, dentro un container: «così sono arrivato in Italia» - Diritto di critica
A piedi attraverso l’Iran e le montagne del Kurdistan, poi in pullman fino al porto greco di Patrasso e di qui – stipati in un container – fino ad Ancona. Quando lo incontro, Muhammar, 24 anni, mi sorride e fa cenno di avvicinarmi. Chiacchiera insieme ad alcuni ragazzi africani nel cortile del centro di Accoglienza della Caritas di Caserta, una struttura creata dall’attuale direttore, Gianluca Castaldi, con il sostegno dell’ex vescovo della città, don Raffaele Nogaro.
Sul volto di Muhammar non si leggono i segni del recente viaggio compiuto per arrivare in Italia, nulla che lasci trasparire le sofferenze, le paure e le tragedie che ha dovuto attraversare per raggiungere il nostro Paese. Per tanta parte della politica e di certa propaganda italiana è genericamente un “clandestino“. Davanti a me, invece, ho una persona.
Nell’attesa di parlare con Gianluca Castaldi per un reportage sui migranti che vivono a Castel Volturno, Muhammar mi saluta, vuole parlare. Poche battute e inizia a raccontare il suo viaggio. «Sono partito dal Pakistan – mi dice – da una città a una sessantina di chilometri da Islamabad. Prima di venir via lavoravo come meccanico e facevo il tassista, per pagare i trafficanti ho dovuto vendere la macchina e chiedere aiuto a mio zio e a mio padre». Novemila euro per arrivare in Grecia, altri tremila per l’ultimo tratto fino in Italia.
«Eravamo in cinquanta – prosegue Muhammar – in Grecia siamo stati divisi: 20 sono stati fatti partire su una barca e trenta, tra cui io, sono rimasti a terra e imbarcati qualche tempo dopo in una nave porta-container. A quanto ne so, l’imbarcazione con il primo gruppo è affondata e sono tutti morti». I trafficanti, spiega Muhammar, «parlavano inglese e non si riusciva a capire di quale nazionalità fossero. Mi sono fatto spedire i soldi da casa e quando ho pagato gli ultimi treimila euro l’ho fatto sulla fiducia: dopo averli consegnati mi venne assicurato ‘arriverai in Italia’, ma nessuno poteva dirmi se quella persona stava dicendo la verità».
E i conti sul business dell’immigrazione clandestina è presto fatto. Per raggiungere la Grecia, il gruppo ha pagato un totale di 450mila euro, mentre per arrivare in Italia ne sono stati aggiunti altri 150mila. In tutto, le organizzazioni criminali hanno guadagnato 600mila euro, un miliardo e 200 milioni di vecchie lire.
Alcune parti del viaggio sono state percorse a piedi: «in Iran e sulle motagne del Kurdistan turco ci si spostava a piedi e di notte per non essere individuati dalla polizia. Un ragazzo che conoscevo – racconta Muhammar – è morto durante uno di questi tratti: eravamo in montagna ed è precipitato nel vuoto».
Dopo l’arrivo in Grecia, l’imbarco in un container nel porto di Patrasso e il viaggio fino ad Ancona. «Per fortuna – conclude Muhammar – ho incontrato la Caritas: qui ho un letto e c’è la mensa. Di giorno invece cerco lavoro ma sono tutte occupazioni sporadiche: non si viene chiamati spesso e quando capita si passa un’intera giornata nei campi per meno di trenta euro».
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Brutta storia. ma purtroppo quello che passa il convento sono lavori sporadici, già tanto se trova quelli.
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Caro Andrea, pensa che ci sono persone che su Facebook hanno commentato: se aveva 12mila euro poteva restarsene a casa sua…la semplificazione rischia di ammazzare le coscienze…
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