«Avanti col governo, noi portiamo novità»: intervista al finiano Adolfo Urso - Diritto di critica
“Nessun governo di transizione: noi restiamo con il governo per mantenere l’impegno preso con gli elettori sul programma votato due anni fa”. Non c’è nessuna crisi di governo, a sentire Adolfo Urso, fedelissimo di Gianfranco Fini e membro, da meno di 24 ore, del nuovo gruppo parlamentare alla Camera “Futuro e Libertà. Per l’Italia” (forse ribattezzato Azione Nazionale, molto più missino e patriottico). Ma certo i dubbi restano, soprattutto ora che, sulla carta, il governo Berlusconi non ha più una maggioranza solida. La svolta autonomista di Fini apre il campo a molte ipotesi, o forse soltanto a pressioni lobbistiche dei figliastri del Pdl.
“Intendiamo andare avanti con il programma elettorale concordato, con questa maggioranza e questo premier”, assicura Urso. E rincara: “Ci riconosciamo ancora nei valori del Pdl: ciò che non intendiamo più tollerare sono proprio le forzature e gli strappi altrui a quei valori”. La professione di fedeltà a Berlusconi è forte, e proprio per questo nasconde un’accusa chiara: è lui ad averci aggredito, ad aver minato la fiducia degli elettori nel programma concordato alle urne con la sua leadership illiberale. “Noi (finiani) abbiamo reagito ad aggressione subita con una risposta adeguata: all’espulsione dal partito abbiamo opposto la nascita di un gruppo parlamentare di sostegno al governo”. Più fedeli di così, vien da dire, si muore.
L’ipotesi di un governo di transizione, o di elezioni anticipate, è da scartare, per Urso. “Non ha senso, prima di tutto perché non c’è nessuna crisi di governo o di maggioranza: noi intendiamo andare avanti con Berlusconi, rispettando il patto assunto con gli elettori”. Nessun boicottaggio o sfiducia al governo, insomma. Almeno per ora. Di certo i finiani, ora riuniti in un gruppo ufficiale alla Camera (e già lunedì dovrebbe formarsene uno al Senato, appena più numeroso del necessario) , son pronti a mettere i puntini sulle i ad ogni emendamento, ad ogni decreto, ad ogni disegno di legge. “Portiamo buoni consigli, non crisi”, sottolinea il deputato finiano: “sosterremo i grandi temi della riforma della giustizia, di un sistema pubblico più efficiente, ma non accetteremo strappi”, riferendosi alle forzature personalistiche sempre più frequenti del governo.
Difficile non ricordare l’irritazione finiana per il Caso Brancher e per Cosentino. Il garantismo, afferma lo stesso Gianfranco Fini durante la conferenza stampa di presentazione di Futuro e Libertà, non può diventare il passepartout per ignorare la legge. Per questo, durante la prossima settimana sarà presentata dal nuovo gruppo parlamentare la mozione di sfiducia al sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo, accusato di aver collaborato ad una “lista nera” di giudici della corte costituzionale pro e contro il lodo Alfano. Insomma, i finiani voteranno tutto ciò che il governo proporrà, se lo riterranno in linea col programma elettorale: per il resto, varrà il voto di coscienza, a partire dalla fiducia ai personaggi più compromessi con la giustizia.
Ora che la guerra dei numeri è finita, e si sa con certezza che la defezione di deputati Pdl ammonta a 34 “partigiani”, qualcuno dovrà renderne conto a Silvio, che fino a ieri annunciava: “sono solo quattro gatti”. “Qualche consigliore del premier dovrebbe essere rimosso da questo ruolo, o almeno redarguito”, commenta Urso, sornione. “ Chi parlava di una decina o ventina di sbandati (La Russa, ndr) dovrà ricontrollare il pallottoliere”. Ora la palla è al centro.
Ma fino a settembre è difficile che cambi qualcosa. “Aspetteremo Generale Agosto”, afferma il deputato finiano, “ non c’è fretta. Anche perché non c’è nessuna crisi di governo o di maggioranza di cui discutere in aula, visto che noi restiamo con l’esecutivo. C’è solo una novità, vedremo se verrà colta come opportunità. Ma non dipende solo da noi”. Curiosa la sortita di Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia e leader del Movimento per l’autonomia : subito dopo aver parlato con Fini, ieri, ha annunciato che altri 5 deputati del suo partito “agiranno con le mani libere” d’ora in poi, svincolandosi dalla linea di governo. Forse si tratta soltanto di una manovra “batti cassa” per riscuotere più attenzioni e magari favori dal premier: ma certo aggrava la situazione, complessa e pesante, del voto alla Camera. La dittatura del 50 percento più uno si allontana tristemente per B.
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