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Diritto di critica | December 22, 2024

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Muore il Pdl, il Governo trema. E' già tempo di elezioni? - Diritto di critica

Era il 28 marzo 2009, nel pieno del congresso fondativo del Popolo della libertà, quando scrissi un articolo critico in merito a ciò che si parava di fronte agli occhi della nazione; «nasce il Popolo delle libertà, incoronato Berlusconi» titolai senza nemmeno troppo sforzo di fantasia. Per 3 giorni le tv nazionali riproposero copiosamente servizi di giornalismo “alternativo”, uno spot continuato e ingiustificato atto a pubblicizzare l’evento politico che era in corso. Fu anche il giorno dei funerali ufficiali di Alleanza Nazionale, storica formazione politica guidata da un Gianfranco Fini che finalmente, dopo anni di contrattazioni con il leader Berlusconi, si era adeguata al “gioco di squadra”. Fu chiaro a tutti che quella 3 giorni di proclami, attacchi alla stampa, qualunquismo e auto celebrazione era poco più di un’incoronazione malcelata. A tutti ma forse non a Fini e agli ex An, elettrizzati dal suicidio politico del loro vessillo e orientati verso un futuro impossibile da prevedere.

«Fuori dal partito». Questo il commento finale del Presidente del Consiglio al termine di una lunga discussione che lo ha tenuto lontano dai suoi impegni istituzionali in questi giorni. Il documento finale con il quale Silvio defenestra la minoranza finiana (consultabile sul sito del Fatto), evidenzia per l’appunto il rancore e la voglia di liberarsi di un “peso” che da settimane costringevano il Premier al dialogo in “casa sua”, atteggiamento a cui è notoriamente allergico. Leggendo questo documento balza subito all’occhio l’estratto che segue: «Le posizioni dell’On. Fini si sono manifestate sempre di più, non come un legittimo dissenso, bensì come uno stillicidio di distinguo o contrarietà nei confronti del programma di governo sottoscritto con gli elettori.e votato dalle Camere, come una critica demolitoria alle decisioni prese dal partito, peraltro note e condivise da tutti, e infine come un attacco sistematico diretto al ruolo e alla figura del Presidente del Consiglio […] Per queste ragioni questo ufficio di Presidenza considera le posizioni dell’On. Fini assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà, con gli impegni assunti con gli elettori e con l’attività politica del Popolo della Libertà. Di conseguenza viene meno, allo stato, anche la fiducia del PdL nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni». E’ evidente come l’uso delle istituzioni non sia per il Premier molto dissimile dal funzionamento di un’azienda con un sistema dirigenziale a forma piramidale. E’ inconcepibile il riscontro di opinioni differenti che richiamino la sua attenzione a tematiche non di suo gradimento.

Il quadro politico italiano è ora più che mai nel caos più totale. La Lega Nord si mantiene distante dalla rissa nel Pdl ed è pronta alla crisi di Governo solo nel caso in cui il federalismo non fosse attuato. Casini si frega le mani sognando il grande ritorno nella “Casa delle libertà”, ormai ufficialmente “Casa Berlusconi“, pur consapevole che la Lega è  lì che l’aspetta con il forcone in mano e un gran voglia di banchettare con le sue interiora.

Gianfranco Fini, ormai defenestrato dal Pdl, è diventato ufficialmente il bersaglio da poligono per tutti i “sicari” del Cavaliere, notoriamente molto fedeli e senza scrupoli nel diffamare e massacrare personaggi scomodi. Ma lui non molla e tenta il tutto per tutto: «La presidenza della Camera non è nelle disponibilità del presidente del Consiglio, non può decidere nulla. Con un testo così – quello che epura i finiani n.d.r. -, sarà evidente a tutti che sono loro ad averci cacciato, ad averci costretto a fare gruppi autonomi. Andremo dal capo dello Stato per comunicare la nascita della nuova formazione in Parlamento e per far presente che comunque faremo parte della maggioranza». Fini ha i numeri per mettere i bastoni tra le ruote al Cavaliere. A conti fatti la maggioranza senza i finiani non ha i numeri per governare alla Camera e forse persino al Senato. Le vie d’uscita per Silvio sono ora due soltanto: fare una campagna acquisti staccando qualche assegno per Casini e Rutelli, oppure tornare alle urne, facendo staccare gli assegni direttamente ai cittadini italiani. Staremo a vedere.