Se anche Paolo smentisce Silvio: "Non vendo il Giornale" - Diritto di critica
«Non vendo». E’ con queste parole che Paolo Berlusconi (condannato pochi mesi fa a 4 mesi di reclusione per false fatturazioni) ha chiuso, per ora, la controversa vicenda del quotidiano di cui è editore, Il Giornale. Lo ha fatto l’altro ieri proprio dalle pagine del suo giornale, in un articolo in cui ha anche parlato di un’apertura verso «nuovi soci che rafforzino il capitale» e di un pacchetto di maggioranza sempre in mano alla famiglia Berlusconi. Dichiarazioni opposte a quelle fatte dal premier Silvio Berlusconi durante la Direzione nazionale del Pdl quando, rispondendo a Gianfranco Fini che lo accusava di utilizzare proprio Il Giornale per degli attacchi mirati nei suoi confronti, disse: «Ho convinto mio fratello a metterlo in vendita». Un’idea che a dire il vero non convinse subito neanche il suo direttore, Vittorio Feltri che nei giorni successivi rilasciò questa dichiarazione: «Io non ne ho sentito parlare e Paolo Berlusconi, che poi è quello che dovrebbe vendere, non mi ha mai parlato di questa intenzione».
Massimo D’Alema descrivendo l’atteggiamento del Cavaliere sulla vicenda Noemi, disse che egli «mente nelle vicende pubbliche e private». Una semplice frase che ci mostra una situazione abitudinaria come quella vista alla Direzione nazionale davanti ai maggiori esponenti del suo partito. Modi di fare che vengono da lontano con nel caso della P2: «Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque che è di poco anteriore allo scandalo[…] Non ho mai pagato una quota di iscrizione, né mi è stata richiesta» furono le parole di Berlusconi davanti al Tribunale di Verona. Frasi che poi la corte d’appello di Venezia ritenne «menzognere» e per le quali lo condannò per falsa testimonianza, reato però subito «dichiarato estinto per intervenuta amnistia». Sulla stessa linea le sue dichiarazioni fatte nei primi anni ’90 su di un’eventuale “discesa in campo” : «Tutti mi chiedono di candidarmi. Ma io so perfettamente quello che posso fare. Se io facessi la scelta politica dovrei abbandonare le televisioni e cambiare completamente mestiere. Un partito di Berlusconi non c’è, né ci sarà mai» , identiche a quelle del marzo 1995 quando entrato in politica decise di lasciare le sue televisioni: «Da novembre ho dato mandato irrevocabile alla Fininvest di vendere le Tv».
Questi erano solo alcuni esempi, l’ultimo dei quali ci riporta ai giorni nostri, grazie alla somiglianza con le dichiarazioni sulla vendita del quotidiano di famiglia. Parole, come quelle di 15 anni fa smentite dagli eventi ma che col passare del tempo hanno creato un “callo” che ci ha fatto abituare alle falsità, tanto da aver lasciato passare questa piccola notizia come se fosse realmente poco importante. Alle bugie una personale spiegazione l’avevano già data anni fa sia Indro Montanelli: «Silvio Berlusconi è un mentitore professionale: mente a tutti, sempre anche a se stesso, al punto da credere alle sue stesse menzogne» che incredibilmente lo stesso Berlusconi: «Io dico sempre cose sincere, anche perché non ho memoria e dimenticherei le bugie…». L’unione di queste due idee potrebbe essere la reale motivazione alle tante menzogne?
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Ma qualcuno poteva sul serio avere dei dubbi?
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ci sono le bugie di destra, quelle di centro,quelle di sinistra ecc, chissà se ci sono più bugie che bugiardi o viceversa…
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