Questo Pd è da riformatorio - Diritto di critica
Il Pd è come quei foruncoletti nascosti sotto la pelle: c’è ma non si vede.
C’è chi come il suo segretario Pierluigi Bersani ha preso la sconfitta elettorale come una partita di calcio con «due pali in zona cesarini», peccato però che nel calcio oltre alla bravura del centravanti, a volte, anche la fortuna gioca il suo ruolo. C’è chi come Walter Veltroni, per serie “a volte ritornano”, che ritengono che le elezioni regionali sono andate male e che bisogna ripartire da non si capisce quale punto. È una competizione a chi la spara più grossa, a chi coglie di più l’attenzione sui giornali.
Matteo Renzi, l’obama “smallsize” italiano, con tanto di ciuffo parabolico, è tra quelli che cerca di farsi spazio per scalare la vetta più alta del più grande partito riformista d’Italia (qui scatta la pernacchia), anzi che dico, d’Europa (seconda pernacchia). Non gliele manda a dire Nicola Zingaretti, il presidente della provincia di Roma che in una lettera al Corsera, dopo essere stato chiamato “vile” dal nuovo che avanza, risponde a Renzi dandogli del demagogo perché quando doveva andar via da presidente della provincia, pur potendolo fare, abbassò le tasse. Poi Zingaretti va giù pesante, Renzi «appartiene a quella categoria moderna di politici senza pensiero che, non avendo idee innovative, usa l’antico metodo della denigrazione, conquista spazi e poltrone gettando fango sugli altri». Con un tocco di eleganza Zingaretti continua scrivendo «abbiamo chiesto il voto per governare la provincia della capitale e dopo due anni non si scappa». Fonti vicine a Renzi dicono che il ciuffo si sia afflosciato.
Tutti si chiedono chi sarà il prossimo segretario. «Finiamola con questo tormentone dice Rosy Bindi», ma sarà difficile. Pigi Bersani attribuisce alla passata leadership l’esito delle elezioni e rimanda alle prossime elezioni il suo test. Lo bacchetta però Massimo D’Alema. Anche il più perdente dei perdenti ha trovato il coraggio di dire all’attuale segretario che così non va, «il progetto non è credibile, non si percepisce l’alternativa».
Tra quelli che vedono il bicchiere mezzo pieno c’è Enrico Letta il quale dice che il racconto di queste elezioni è «monco». Che vuol dire? – gli chiede il giornalista. «Che non tiene conto del fatto che siamo competitivi in quasi tutte le regioni». Insomma che poi abbiano perso alcune di queste non conta.
Il più duro sembra essere Veltroni, che dopo le segnalazioni a Chi l’ha visto torna e batte il pugno sul tavolo. Come prima cosa Bersani deve dare atto «alle minoranze, a Franceschini anzitutto, di grande lealtà». Non si può certo scaricare tutto su quelli che ci stavano prima! Occore essere «aggressivi» e le riforme sociali.
È quello che serve a questo Pd. Un riformatorio per il recupero sociale.
Damiano Zito
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