L'unico reato da perseguire per il governo: «Punire la fuga di notizie» - Diritto di critica
Anche questa volta allo scoppiare di uno scandalo le parti in causa cercano di spostare l’attenzione sui risvolti meno importanti della questione, attaccando gli accusatori e colpevolizzando i giudici , la stampa e i politici avversari. Nell’attuale caso Agcom-Berlusconi infatti, oltre all’intervento di svariati politici che come sempre appaiono più scandalizzati dalla notizia in quanto tale che per l’eventuale reato di cui racconterebbe, si sta cercando di puntare il riflettore solo sulla questione «fuga di notizie». Prima con l’intervento direttamente alla procura di Trani degli ispettori perché secondo il ministro della Giustizia Angelino Alfano l’inchiesta «evidenziava» oltre a «un problema gravissimo di competenza territoriale e un secondo problema di abuso delle intercettazioni» anche «un terzo che riguarda la rivelazione del segreto d’ufficio». Problema ribadito dallo stesso Silvio Berlusconi ieri sera ad una cena con i deputati Pdl dove ha attaccato le «talpe» colpevoli della fuga di notizie dell’inchiesta di Trani che hanno permesso la «vergognosa» diffusione delle intercettazioni. Un presidente del Consiglio sicuro della loro veloce individuazione auspicando una punizione esemplare proprio perché come egli stesso ha ribadito «la fuga di notizie e’ illegale e che perciò deve essere sanzionata e punita secondo legge».
Un reato che è contestato all’Art.326 del Codice Penale (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio ) e «che è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno». Un altro reato che riguarda sempre «talpe» è quello descritto all’Art. 379 bis ( Rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale) che è punito con la reclusione fino ad un anno. In questo caso non c’è nessuno segreto perché la persona accusata di ciò è il direttore del Tg1 Augusto Minzolini. Il «direttorissimo», ascoltato a Trani il 17 dicembre scorso avrebbe telefonato a uno stretto collaboratore del presidente del Consiglio (Bonaiuti n.d.r.) appena uscito dal tribunale. Secondo i Pm dalle intercettazioni è emerso che il giornalista informò Roma delle strane domande che i Finanzieri gli fecero in merito ai rapporti che c’erano tra il suo telegiornale, l’Agcom, i vertici Rai e la Presidenza del Consiglio. Una telefonata che gli è costata un’indagine per violazione dell’art.379bis.
Altri reati che andrebbero «sanzionati e puniti secondo legge» sono la concussione (art. 317 , punito con la reclusione da quattro a dodici anni) e violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario (art. 338, punito con la reclusione da uno a sette anni. ). Entrambi imputabile secondo la procura di Trani al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
In tutto questo è da notare come il garantismo si trasformi in giustizialismo ( e viceversa) a seconda di chi compia il reato. Un esempio di questo lo si trova su “Il Giornale” che proprio sulla questione Minzolini titolava cosi un suo articolo:
«Inquisito pure Minzolini. La sua colpa? Telefonò subito dopo l’interrogatorio».
Come spiegato secondo i giudici la colpa non starebbe nella mera telefonata, ma nelle parole dette durante quella conversazione. Una “spiata” che se confermata andrebbe punita per legge insieme a tutti gli altri reati contestati in questa inchiesta, sia quelli commessi dalle «talpe» sia quelli del presidente del Consiglio e dei membri dell’Agcom. Violazioni di legge che una informazione sana e una classe politica normale tratterebbero valutando solo l’entità del reato e il ruolo di chi l’ha commesse.