Legittimi impediti al governo - Diritto di critica
La notizia è fresca fresca, la Cassazione rigetta il ricorso di Nicola Cosentino, dichiarando legittima la richiesta di arresti disposta dalla procura napoletana, comunque respinta dalla Camera. Ad una prima analisi e ricordando che il sottosegretario all’Economia è accusato di concorso esterno in associazione camorristica viene da pensare “allora si è dimesso!” Ma neanche per sogno, perché dimettersi quando si fa parte di un Governo a “dimissioni zero” rischiando di dare l’esempio a chi invece una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa la già incassata, seppur in primo grado?
Politici di destra e di sinistra indagati, uomini di potere che debordano in tutto, coinvolti in sexy-gate, vicende giudiziarie con pesanti accuse che vanno dal peculato alle tangenti, dal finanziamento illecito all’abuso d’ufficio, fino al concorso esterno in associazione mafiosa. La prima pagina di oggi del Fatto Quotidiano è dedicata a quelli che non si dimettono mai e se ne occupa Marco Lillo che analizza i casi delle ultime vicende politiche facendo notare che mentre chi a sinistra ultimamente è stato coinvolto in casi di discutibile condotta morale si è dimesso decimando la classe dirigente del centrosinistra, dall’altra – premier in testa – non accennano a desistere.
Il presidente del consiglio infatti è attualmente coinvolto nel processo per la corruzione di David Mills, indagato per appropriazione indebita nell’inchiesta Mediatrade ed infine è imputato nel processo per la compravendita dei diritti Mediaset. Ma la Giustizia – è noto a tutti – ha con Berlusconi un rapporto così impervio al punto da provocargli forti insonnie.
Apriamo un attimo uno squarcio nel mondo delle notizie che provengono dal Governo che ha portato il Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria da dove ha varato il piano antimafia. Ancora una volta i benpensanti diranno “evviva!si fa pulizia in Parlamento”. Suvvia, ma chi può pensare che esista qualcuno in grado di prendere dalla collottola Marcello Dell’Utri che vanta una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, e dirgli di farsi da parte? Per logica dovrebbe essere il capo o la base del suo partito, ma il primo ha già i suoi problemi giudiziari e quindi l’idea non lo sfiora nemmeno e per quanto riguarda la base vengono dubbi che possa avere un ruolo, dato che risponde come burattini al comando. Vige pertanto la regola del cane non morde cane.
Se vale quindi per il premier Berlusconi, vale anche il ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto, rinviato a giudizio per finanziamento illecito, si tratta infatti di una presunta tangente ricevuta dall’imprenditore sanitario Giampaolo Angelucci, per una gestione di alcune cliniche private in Puglia, quando il ministro era Governatore. Fitto inoltre è stato rinviato a giudizio per abuso d’ufficio e corruzione.
Vale la pena fare una riflessione e rendersi conto che esiste una enorme disparità tra un centrosinistra decapitato e barcollante, e politici di governo che in barba alla trasparenza si rifugiano in parlamento gridando al complotto giudiziario da parte dei giudici che indagano sul loro passato. Poco importa se poi si tratta di giudici che ricevono minacce di morte, l’importante adesso è andare avanti e giustificarsi con il legittimo impedimento.
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