«Io non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione. Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto a firmarla […] è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all’opinione pubblica[…] Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l’unica regola da rispettare sia quella del “quantum potes”: fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti». Era con queste parole che il senatore a vita ed ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi spiegava il compito e i poteri che un Capo di Stato italiano può e deve usare in certi momenti delicati della vita del paese. Una frase che lo stesso Ciampi non indirizzava direttamente all’attuale Presidente della Repubblica ma che aveva nel significato delle sue parole un implicito riferimento al suo successore, Giorgio Napolitano.
Un potere, quello non promulgativo, che l’attuale Presidente non sembra voler esercitare e che nei suoi 3 anni di mandato ha minacciato di usare realmente solo una volta in occasione del Decreto Englaro, cioè quando l’attuale Governo tentò di bloccare tramite emendamento la sentenza di vari tribunali nel caso della povera Eluana. La firma e l’avallo del Capo di Stato sono arrivati infatti per tutte le leggi di questo esecutivo, comprese le incostituzionali Lodo Alfano e Legge Gelmini, la discriminante (secondo l’Onu) “aggravante razziale” legata al reato di clandestinità e infine il salvacondotto per gli evasori, lo Scudo Fiscale.
“Il baratto” è il titolo di un libro pubblicato nell’aprile del 2008, scritto da Michele De Lucia, membro della direzione nazionale dei Radicali Italiani. Uno scritto che riporta alla luce strani incroci politici ed editoriali di più di 25 anni fa, ricordandoci infatti i suoi principali attori e collegandoli alla politica di oggi. Uno di questi è proprio Giorgio Napolitano, all’epoca leader della corrente “migliorista” del Partito Comunista Italiano. Questa ala politica, definita come “la destra del PCI” aveva anche un giornale di riferimento, “Il Moderno“, un mensile non di elevata tiratura ma che aveva nel suo interno “curiosi” articoli e pubblicità. Ecco alcuni estratti dal libro di De Lucia:
«Ad aprile del 1985 esce a Milano il primo numero de Il Moderno, mensile (poi settimanale) della corrente “migliorista” del Pci (cioè la destra tecnocratica e filo-craxiana del partito, guidata da Giorgio Napolitano). Animato da Gianni Cervetti… all’insegna dello slogan “l’innovazione nella società, nell’economia, nella cultura” (p. 104).»
«Intanto a Milano il numero di febbraio 1986 de Il Moderno… scrive che “la rivoluzione Berlusconi [è] di gran lunga la più importante, cui ancora qualcuno si ostina a non portare il rispetto che merita per essere stato il principale agente i modernizzazione, nelle aziende, nelle agenzie, nei media concorrenti. Una rivoluzione che ha trasformato Milano in capitale televisiva e che ha fatto nascere, oltre a una cultura pubblicitaria nuova, mille strutture e capacità produttive” (p. 115).»
«Il numero di aprile 1987 del mensile comunista Il Moderno esce con un’intera pagina pubblicitaria della Fininvest. È la prima di una lunga serie di inserzioni pubblicitarie dalla misteriosa utilità per l’inserzionista, dato che il giornale è semi-clandestino e vende meno di 500 copie… Intanto uno dei fondatori del Moderno, l’onorevole Gianni Cervetti, alla metà di aprile è di nuovo a Mosca… E il 18 aprile l’agenzia Ansa da Mosca informa che in Urss, insieme al compagno Cervetti, c’è anche Canale 5… (pp 126 – 127).»
«A giugno 1989 il settimanale comunista Il Moderno pubblica un megaservizio su Giocare al calcio a Milano. Con un panegirico sul Berlusconi miracoloso presidente milanista che “ha cambiato tutto: adesso la sua squadra è una vera e propria azienda,” e così via. Il giornale della corrente di destra del Pci è ormai un bollettino della Fininvest, e le pagine di pubblicità comprate dal gruppo berlusconiano ormai non si contano (p. 148).»
Berlusconi in quegli anni era solo un imprenditore, ma le sue parole dopo un mega-contratto tra Fininvest e la “tv sovietica” dimostrano ancora oggi la sua poliedricità politica quando si parla di affari: «Noi non abbiamo cattivi rapporti col Partito comunista italiano, e cerchiamo di averne sempre di migliori». Se tra i miglioristi militò anche Sandro Bondi, attuale Ministro della Cultura nel governo Berlusconi IV, vuol dire che con qualcuno del vecchio PCI qualche intreccio c’è stato, e sarebbe importante sapere se qualcun altro ha avuto rapporti con l’attuale Presidente del Consiglio. Certo, fare domande del genere al Presidente Napolitano non sarebbe facile, specialmente visto come rispose stizzito già 5 anni fa ai giornalisti tedeschi che chiedevano spiegazioni riguardo i suoi onerosi rimborsi spese per i viaggi aerei utilizzati durante il periodo in cui era parlamentare europeo (video sotto). «La Costituzione italiana contiene valori, regole, principi che devono ispirare i comportamenti di tutti gli italiani» ha detto in questi giorni il nostro Presidente della Repubblica. Speriamo che non intendesse “di tutti meno uno” come lasciò dedurre un anno fa avallando una legge palesemente ingiusta, il Lodo Alfano.
httpv://www.youtube.com/watch?v=8L-e5Cvm-wQ
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