Arriva la recessione, 400mila lavoratori a casa - Diritto di critica
L’Inps autorizza 82 milioni di ore di cassa integrazione mentre sindacati e Governo discutono dell’art.18. La recessione è arrivata e significa 400mila persone mandate a casa in 2 mesi, con una perdita di 1300 euro a testa. Tutte insieme, le famiglie italiane perdono oltre 525 milioni di euro, soldi che non potranno spendere in consumo e che affosseranno ancora la produzione. Servono misure straordinarie per incentivare il ciclo economico, avverte la Cgil: “riformare il lavoro è importante, ma l’art.18 non salva posti di lavoro“.
2012, si comincia male. I calcoli della Cgil sui dati Inps parlano di un’Italia tutt’altro che “sulla buona strada”. La recessione tecnica, dichiarata nelle scorse settimane da Bankitalia e dal Tesoro, è in atto da un bel po’, quello che vediamo ora è la punta dell’iceberg finalmente emersa. Tra gennaio e febbraio, le ore di cassa integrazione in deroga – ovvero quelle previste al di fuori del regime ordinario e straordinario – sono aumentate del 49,1%: un boom improvviso che riporta le “ore perse” al di sopra del livello di febbraio 2011 (+16,8%).
Problemi strutturali. “Il nostro sistema produttivo, e la sua caratura manifatturiera, è invischiato in una crisi profondissima con prospettive pericolose di declino“, osserva il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere commentando i dati. “Con queste cifre è sempre più difficile immaginare una inversione di tendenza senza una ripresa nelle produzioni e nei consumi”. Ripresa in salita, se gli italiani devono fare i conti con una pressione fiscale reale al 54,4% – dove dovrebbero prendere i soldi per consumare? E il circolo vizioso si estende alle aziende che producono meno, mandano altri lavoratori in Cig, meno reddito alle famiglie, etc.
Il braccio di ferro sull’art.18 va avanti, nonostante la realtà. I sindacati sono al momento divisi, rischiano la spaccatura al tavolo di mercoledì con il Governo. La Cgil vuole garanzie certe su ammortizzatori sociali e flessibilità in entrata, o non firma sull’art.18 “ribassista” che la Fornero propone; la Cisl è possibilista, vorrebbe firmare comunque e ridare un ruolo al sindacato. La Uil a metà, s’impunta soprattutto sul reintegro dei licenziamenti disciplinari, ma potrebbe accettare in extremis.
Il problema è un’altro. Servirà aver versato tanto sangue e tanti diritti sull’articolo 18, se i licenziamenti continueranno? Se le fabbriche chiudono perché le famiglie non hanno soldi per comprare? Forse scopriremo che il problema del lavoro non era licenziare con facilità, ma incentivare la produzione e i consumi.